La morte di un socio in una società, sia essa di persone o di capitali, può destabilizzare significativamente l’equilibrio societario, soprattutto quando il socio deceduto rivestiva un ruolo chiave, come quello di amministratore unico, o deteneva diritti speciali o quote rilevanti. In mancanza di una pianificazione preventiva, l’azienda potrebbe trovarsi a fronteggiare conflitti interni, difficoltà operative, problemi di liquidità e, nei casi peggiori, la cessazione dell’attività. Pianificare in anticipo non è solo una scelta prudente, ma una necessità per tutelare il patrimonio aziendale, garantire la continuità operativa e preservare il valore costruito nel tempo.
Questo articolo è concepito come una guida pratica per gli imprenditori, con l’obiettivo di illustrare le conseguenze legali e operative legate alla scomparsa di un socio e di proporre strategie efficaci per affrontare tale eventualità. Leggerlo attentamente potrà offrire spunti pratici su come prevenire potenziali criticità e proteggere il futuro della società anche nei momenti più delicati.
È importante evidenziare che la società, in quanto ente dotato di propria personalità giuridica, è indipendente dai suoi soci. Ciò implica che la società può continuare la propria attività anche a seguito del decesso di uno o più soci, ma può anche essere sciolta e posta in liquidazione, pur in presenza di soci ancora in vita.
Ti invitiamo a leggere l’articolo completo per approfondire le modalità di gestione delle implicazioni legali ed operative legate al decesso di un socio. Per rendere il tutto più concreto, verranno presentati casi reali e soluzioni applicabili adottate da altre imprese in situazioni analoghe, come la gestione del passaggio generazionale o la risoluzione di conflitti tra eredi e soci superstiti.
CONSEGUENZE DELLA MORTE DEL SOCIO IN DIVERSE TIPOLOGIE DI SOCIETÀ
Nella Società Semplice, quale tipologia di società di persone, la morte di un socio comporta, di norma, lo scioglimento della società, salvo che l’atto costitutivo o un accordo tra i soci superstiti dispongano diversamente (art. 2284 c.c.). Gli eredi del socio defunto non subentrano automaticamente nella società, ma possono farlo solo previo consenso degli altri soci. In difetto di tale consenso, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota del socio defunto, con il rischio che tale procedura possa risultare complessa e fonte di conflitto tra i soci superstiti e gli eredi, compromettendo così la stabilità e la continuità della società.
Nella Holding costituita come società di capitali, la morte di un socio non determina automaticamente lo scioglimento della società. Le quote del socio defunto vengono trasferite agli eredi secondo le disposizioni testamentarie o, in mancanza di testamento, secondo le norme sulla successione legittima (artt. 456 e ss. c.c.). Tuttavia, anche in questo contesto, possono sorgere problematiche qualora gli eredi non siano in grado di gestire adeguatamente le quote o qualora emergano conflitti tra gli stessi e gli altri soci.
LE CONSEGUENZE DELLA SCOMPARSA DI UN SOCIO NELLE HOLDING
Iniziamo con l’analizzare gli effetti che la morte di un socio determina, osservando come questi si differenziano tra una Holding di capitale e una Società Semplice. Le dinamiche variano significativamente tra le due strutture, essendo l’una una società di capitali e l’altra una di persone:
- Holding (società di capitali): prevale la responsabilità limitata. I soci sono protetti dal rischio patrimoniale, dato che solo il patrimonio della società risponde per le obbligazioni. Quindi, il patrimonio privato dei soci rimane al di fuori delle pretese dei creditori della società.
- Società Semplice (società di persone): i soci possono essere tenuti a rispondere personalmente per le passività sociali. Esempio tipico è rappresentato dalla accomandita semplice, in cui i soci accomandatari, in qualità di amministratori, hanno responsabilità illimitata riguardo ai debiti societari secondo l’articolo 2318 del Codice civile.
Dato il quadro di responsabilità limitata delle società di capitali, non emergono particolari problematiche relative al trasferimento delle quote del socio defunto. Tuttavia, potrebbero sorgere difficoltà in situazioni specifiche, come nel caso di una Holding familiare in cui gli eredi non abbiano competenze gestionali adeguate o vi siano conflitti interni sulla direzione strategica dell’impresa. Un altro esempio è rappresentato da contesti in cui la società sia vincolata da accordi di investimento o finanziamenti che prevedano clausole specifiche sulla composizione della compagine sociale, rendendo complesso il subentro degli eredi.
OPZIONI DISPONIBILI PER I SOCI RIMANENTI
Di fronte alla scomparsa di un socio in una Società Semplice, i soci superstiti si trovano di fronte a una decisione strategica delicata. La scelta dell’opzione più adeguata dipende da vari fattori, tra cui la disponibilità finanziaria, la volontà degli eredi di subentrare, la presenza di eventuali patti parasociali o clausole statutarie, e le prospettive di sviluppo della società.
Le principali opzioni disponibili sono:
- Liquidare la partecipazione agli eredi:
- Pro: permette ai soci superstiti di mantenere il controllo della società senza introdurre nuovi membri esterni.
- Contro: richiede un immediato impegno finanziario significativo che potrebbe mettere a rischio la liquidità aziendale.
- Approfondimento: Per affrontare questa opzione con successo, risulta utile predisporre in anticipo strumenti assicurativi o fondi di riserva destinati a coprire tali eventualità, riducendo così il rischio di problemi di liquidità.
- Dissolvere la società:
- Pro: consente di chiudere definitivamente l’attività evitando futuri conflitti con gli eredi.
- Contro: implica la cessazione dell’attività e la perdita di opportunità di business.
- Approfondimento: La dissoluzione può essere una scelta sensata quando l’attività non presenta più prospettive di crescita o quando la liquidazione delle attività residue consente di evitare perdite significative.
- Concordare con gli eredi per un possibile ingresso in società:
- Pro: favorisce la continuità aziendale e può apportare nuove competenze o capitali.
- Contro: richiede un consenso unanime e può generare difficoltà gestionali in presenza di eredi inesperti o non collaborativi.
- Approfondimento: In questi casi, risulta utile prevedere, nello statuto societario, un percorso di affiancamento per i nuovi soci e un periodo di formazione che consenta loro di acquisire le competenze necessarie a contribuire efficacemente alla gestione societaria.
La decisione su quale opzione adottare deve essere valutata attentamente, considerando l’impatto sul patrimonio aziendale, sugli equilibri interni e sulle prospettive di lungo periodo. Inoltre, il supporto di un consulente esperto in diritto societario e pianificazione patrimoniale può risultare determinante per individuare la soluzione più idonea e prevenire possibili conflitti
OBBLIGHI E PROCEDURE POST-MORTE PER I SOCI
Nel panorama giuridico italiano, i soci superstiti devono prestare attenzione agli obblighi inerenti il regime pubblicitario post mortem, con differenziazioni rilevanti tra Holding e Società Semplice.
- Holding (società di capitali): non richiede la comunicazione del decesso di un socio al Registro delle Imprese, tuttavia è necessario segnalare il trasferimento delle quote.
- Società Semplice (società di persone): seguendo la direttiva MISE del 27 aprile 2015, deve iscrivere tale evento modificativo entro trenta giorni dalla sua occorrenza. Inoltre, si segnala l’obbligo di ricostituire la pluralità dei soci o sostituirne uno in caso di decesso, entro sei mesi dall’evento (art. 2272 c.c.).
In assenza di tale azione, i soci superstiti devono affrontare la cancellazione della società o trasformarla in un’entità giuridica diversa. In caso di inerzia, laddove non si opti per nessuna delle due soluzioni suindicate, la società si scioglie con conseguente fase di liquidazione.
COMUNIONE EREDITARIA DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE E SUCCESSIONE
Quando un socio defunto lascia in eredità la propria partecipazione societaria a una pluralità di eredi, si crea una situazione di comunione ereditaria. La quota societaria cade in una particolare forma di comunione caratterizzata dalla contitolarità dei beni ereditari, con tutti gli eredi che diventano comproprietari della stessa partecipazione, definita nel nostro ordinamento come la massa ereditaria del “de cuius”.
In questa situazione, è obbligatorio nominare un rappresentante comune degli eredi, scelto a maggioranza tra loro, per garantire la corretta gestione della quota e la partecipazione alle attività societarie, come l’esercizio del diritto di voto in assemblea. Il rappresentante comune agisce nell’interesse della comunione fino alla divisione ereditaria definitiva. Senza tale nomina, nessun erede può autonomamente esercitare i diritti sociali relativi alla quota, conformemente alla giurisprudenza consolidata che esclude la legittimazione individuale dei coeredi.
COMPLICAZIONI IN CASO DI SUCCESSIONE E DI USUFRUTTO
Le complicazioni in caso di successione societaria aumentano notevolmente qualora venga costituito un diritto di usufrutto sulle quote ereditarie. In questo scenario, la titolarità delle quote viene suddivisa tra nudo proprietario e usufruttuario, comportando potenziali conflitti di gestione. L’usufruttuario ha diritto ai dividendi e, in alcuni casi, a partecipare alle decisioni assembleari, mentre il nudo proprietario conserva la titolarità della quota ma senza potere decisionale immediato.
Per evitare problematiche operative, è consigliabile disciplinare dettagliatamente nello statuto i diritti di voto e di informazione dell’usufruttuario, nonché le modalità di cessazione dell’usufrutto. Inoltre, si possono prevedere meccanismi di riacquisto delle quote o di riscatto anticipato da parte dei soci superstiti, riducendo il rischio di conflitti interni e garantendo la continuità aziendale.
RIFLESSIONE IN CASO DI MORTE DELL’USUFRUTTUARIO CON OPZIONE DI REVERSIBILITÀ
In alcuni casi, il contratto di usufrutto sulle partecipazioni può prevedere un’opzione di reversibilità, in base alla quale, alla morte dell’usufruttuario, il diritto di usufrutto non si estingue ma viene trasferito a un soggetto terzo precedentemente indicato (ad esempio, un familiare o un erede designato). Tuttavia, è possibile anche prevedere una reversibilità verso il nudo proprietario stesso. Questo tipo di clausola è particolarmente utilizzato nelle imprese familiari per mantenere il controllo delle quote in capo al fondatore o al socio originario, evitando l’ingresso di nuovi soggetti nella compagine sociale.
Esempio pratico in ambito SRL: Si immagini una SRL in cui il socio fondatore cede in usufrutto parte delle sue quote a un familiare per ragioni di pianificazione patrimoniale, prevedendo la reversibilità verso se stesso alla scadenza dell’usufrutto o in caso di morte dell’usufruttuario. Alla morte del familiare usufruttuario, il socio fondatore riacquista automaticamente la piena titolarità delle quote, evitando così di dover negoziare con gli eredi o affrontare complesse questioni successorie.
Problemi fiscali: Sebbene questa soluzione possa apparire vantaggiosa dal punto di vista della gestione societaria, presenta potenziali criticità fiscali. In particolare, l’Agenzia delle Entrate potrebbe considerare l’operazione come una forma di elusione fiscale finalizzata a ridurre il carico tributario legato alla successione, applicando sanzioni e recuperi d’imposta. Pertanto, è fondamentale strutturare correttamente l’operazione e predisporre adeguata documentazione a supporto, affidandosi a consulenti esperti in materia.
Questi casi risultano particolarmente complessi da gestire, poiché coinvolgono aspetti sia patrimoniali sia fiscali che possono dar luogo a contenziosi. Per tale ragione, si raccomanda vivamente il coinvolgimento di consulenti legali e fiscali specializzati in diritto societario e tributario, al fine di predisporre strumenti contrattuali idonei a evitare future controversie e garantire la stabilità della governance societaria.
Riflessione operativa: Una corretta regolamentazione di questi aspetti nello statuto societario e nei patti parasociali previene controversie legali e garantisce stabilità nella governance aziendale. Inoltre, si consiglia di specificare eventuali limiti temporali, condizioni di subentro e diritti spettanti al nuovo usufruttuario o al nudo proprietario, evitando situazioni di incertezza gestionale. Inoltre, si consiglia di specificare eventuali limiti temporali e condizioni al subentro del nuovo usufruttuario, evitando situazioni di incertezza gestionale.
ASPETTI FISCALI E CIVILI DELLA SUCCESSIONE SOCIETARIA
La successione societaria comporta rilevanti implicazioni sia fiscali sia civili, che gli imprenditori devono attentamente valutare. Sul piano fiscale, il trasferimento delle quote societarie agli eredi può comportare l’applicazione dell’imposta di successione, il cui ammontare varia in base al grado di parentela e al valore della quota ereditata. Per i trasferimenti tra parenti in linea retta, si applica un’aliquota del 4% con una franchigia di 1 milione di euro per ciascun beneficiario. Per parenti lontani, l’aliquota può arrivare all’8% senza franchigia.
È opportuno valutare in anticipo possibili strategie di pianificazione patrimoniale, come la donazione delle quote in vita o la costituzione di trust, al fine di:
- Minimizzare l’impatto fiscale.
- Garantire la continuità aziendale.
Inoltre, il trasferimento di quote di società operanti può beneficiare dell’esenzione dall’imposta di successione e donazione, se gli eredi proseguono l’attività per almeno cinque anni. Dal punto di vista civilistico, il trasferimento delle quote deve rispettare le disposizioni del codice civile in materia di successione (artt. 456 e ss. del Codice Civile) e può comportare complessità legate all’ingresso degli eredi nella compagine sociale.
Esempi pratici
- Morte di un socio in una società di persone Un imprenditore titolare di una partecipazione significativa in una società di persone, ad esempio una Società Semplice, muore improvvisamente. Gli eredi, desiderosi di subentrare nella gestione, devono ottenere il consenso degli altri soci. In assenza di tale consenso, la società sarà obbligata a liquidare la quota spettante agli eredi. Sul piano fiscale, tale trasferimento comporta l’applicazione dell’imposta di successione: se gli eredi sono parenti in linea retta, si applica un’aliquota del 4% sul valore della quota ereditata, determinato in base al valore di mercato al momento dell’apertura della successione, con una franchigia di 1 milione di euro per ciascun beneficiario. Qualora non vi siano vincoli di parentela diretta, l’aliquota può arrivare fino all’8% senza alcuna franchigia.
Se la società non ha riserve adeguate, potrebbe dover ricorrere a finanziamenti bancari o vendere beni, con ripercussioni sulla stabilità economica. Per evitare tali situazioni, è consigliabile prevedere nello statuto clausole di continuazione automatica o opzioni di acquisto a favore dei soci superstiti.
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Morte di un socio in una società di capitali In una società di capitali, la morte di un socio comporta il trasferimento delle quote agli eredi secondo le disposizioni testamentarie o di legge. Tuttavia, lo statuto societario può influire significativamente sull’effettivo ingresso degli eredi nella compagine sociale, prevedendo clausole di gradimento, prelazione o esclusione, che possono limitare o condizionare il subentro diretto degli eredi come nuovi soci. Sul piano fiscale, anche in questo caso, si applica l’imposta di successione con aliquote variabili in base al grado di parentela e al valore delle quote trasferite. Se gli eredi sono in linea retta, l’aliquota è del 4% con una franchigia di 1 milione di euro per ciascun beneficiario.
Dal punto di vista civilistico, lo statuto societario può prevedere vincoli al trasferimento delle quote, come clausole di gradimento o prelazione a favore degli altri soci, che potrebbero obbligare gli eredi a cedere le quote a un valore concordato. L’assenza di liquidità per l’acquisto delle quote potrebbe costituire un problema, soprattutto se la società non dispone di riserve finanziarie sufficienti. Per ovviare a queste criticità, è opportuno adottare strumenti di pianificazione, come polizze assicurative a favore della società o dei soci superstiti, per garantire la disponibilità di fondi necessari al riacquisto delle quote. Ad esempio, una polizza “key man” può garantire fondi per acquistare le quote dagli eredi, assicurando continuità aziendale.
PER I DEBITI SOCIALI COSA SUCCEDE?
La gestione dei debiti sociali alla morte di un socio è una questione complessa e varia significativamente a seconda del tipo di società.
- Holding (società di capitali) la problematica appare attenuata grazie alla limitazione di responsabilità, che è circoscritta al solo patrimonio sociale. Questo implica che i soci superstiti, pur continuando l’attività con gli eredi del defunto o con nuovi soggetti, mantengono il beneficio della responsabilità limitata a quanto già conferito come capitale sociale.
- Società Semplice (società di persone): qui vige un regime di responsabilità illimitata per i soci, il che significa che i soci superstiti potrebbero trovarsi a dover rispondere integralmente delle obbligazioni assunte durante la vita del socio deceduto. Ad esempio, in una Società Semplice composta da due soci, la morte di uno di essi comporterebbe che il socio superstite si trovi a dover rispondere personalmente di tutti i debiti sociali.
Inoltre, l’impresa potrebbe trovarsi in difficoltà se costretta a liquidare il valore della quota sociale agli eredi del socio defunto entro sei mesi, come previsto dalla legge. Questo obbligo potrebbe creare problemi di liquidità, mettendo a rischio la stabilità finanziaria della società.
Pertanto, è prudente tenere in debita considerazione sin dal momento della costituzione della società la problematica relativa alle sorti dell’impresa nella (scongiurata) eventualità del decesso di uno dei soci, in modo da poter valutare preventivamente a quali rischi il socio superstite potrebbe andare incontro in tale ipotesi e ponderare costi e benefici del futuro scenario possibile, onde evitare di incorrere in aggravi di responsabilità eccessivi.
CHE FINE FA LA QUOTA DEL SOCIO DEFUNTO, QUALORA NON CI FOSSERO EREDI?
La questione della quota del socio defunto senza eredi è complessa e varia a seconda del tipo di società e delle normative vigenti. Un aspetto rilevante riguarda le implicazioni fiscali, poiché l’eredità devoluta allo Stato potrebbe comportare oneri tributari e vincoli nella gestione della quota. Inoltre, in contesti di società di persone, potrebbe emergere l’opportunità per i soci superstiti di acquistare la quota del socio defunto, prevenendo l’ingresso di nuovi soggetti estranei alla compagine sociale. Tale operazione, se ben pianificata, consente di mantenere il controllo dell’impresa, ma richiede una disponibilità finanziaria immediata, che può essere garantita tramite riserve societarie o finanziamenti ad hoc.
- Holding (società di capitali): la partecipazione del socio defunto può essere trasferita agli eredi o a terzi, seguendo il principio della libera trasmissibilità.
- Società Semplice (società di persone): la quota può essere liquidata in favore degli eredi o trasferita a loro con il consenso dei soci superstiti per continuare l’attività.
Tuttavia, se il socio defunto non ha eredi o non esiste alcun successibile, si applica l’articolo 586 del Codice civile. Questo articolo stabilisce che, in mancanza di eredi, l’eredità viene devoluta allo Stato. In questo scenario, lo Stato diventa il destinatario ultimo della partecipazione sociale, ma la sua responsabilità non può superare il valore dell’eredità stessa. Prima che lo Stato possa diventare socio a tutti gli effetti, deve essere assolutamente certa l’inesistenza di successibili entro il sesto grado.
Durante questo periodo, l’eredità è considerata giacente e viene nominato un curatore ex art. 528 c.c. Questo curatore agisce come legittimo interlocutore della società, garantendo la continuazione delle attività di impresa fino alla risoluzione definitiva della questione.
L’IMPORTANZA DI PREVISIONI STATUTARIE PER DISCIPLINARE LA PREMORIENZA DEL SOCIO
La premorienza di un socio costituisce un evento di rilevante impatto, capace di compromettere la stabilità e la continuità operativa di una società. In tale contesto, lo statuto societario assume un ruolo determinante nel regolamentare questa eventualità in modo chiaro ed esaustivo. In assenza di specifiche previsioni statutarie, la gestione delle partecipazioni sociali può divenire problematica, dando luogo a conflitti tra gli eredi e i soci superstiti, con potenziali ripercussioni sulla governance aziendale, sull’equilibrio patrimoniale della società e sugli obblighi fiscali.
Innanzitutto, lo statuto dovrebbe includere disposizioni che garantiscano una transizione di leadership fluida e priva di intoppi. Tra le soluzioni praticabili figurano la designazione preventiva di successori o l’adozione di procedure specifiche per la nomina di nuovi amministratori. È essenziale che la nuova leadership sia in grado di proseguire l’attività aziendale con efficacia, assicurando la continuità della gestione e il mantenimento della crescita dell’impresa. L’introduzione di tali misure consente di ridurre i rischi di conflitti tra i soci superstiti e gli eredi, promuovendo un ambiente collaborativo e coeso.
Dal punto di vista fiscale, una corretta pianificazione statutaria consente di minimizzare gli oneri fiscali derivanti dal trasferimento delle quote societarie agli eredi. La definizione anticipata delle modalità di successione può favorire l’applicazione di agevolazioni fiscali previste dalla normativa vigente, come il regime di esenzione per il passaggio generazionale nelle imprese familiari, evitando gravosi esborsi che potrebbero compromettere la liquidità della società.
In secondo luogo, è fondamentale che lo statuto contempli soluzioni adeguate anche sotto il profilo patrimoniale. Ciò potrebbe includere la definizione delle modalità di trasferimento delle quote societarie agli eredi o la creazione di fondi di liquidità destinati a garantire il pagamento delle quote senza compromettere la solidità finanziaria della società. In mancanza di tali previsioni, la liquidazione delle quote potrebbe generare oneri gravosi per i soci superstiti, soprattutto qualora la società detenga un patrimonio rilevante.
Dal punto di vista civilistico, lo statuto dovrebbe disciplinare chiaramente i diritti degli eredi, stabilendo se essi possano entrare a far parte della società come soci a pieno titolo o se si debba procedere al rimborso delle loro quote. La chiarezza su questi aspetti evita potenziali contenziosi e garantisce una gestione ordinata della successione.
Inoltre, una pianificazione adeguata del passaggio generazionale rappresenta un elemento essenziale per minimizzare i conflitti tra gli eredi e assicurare la continuità della governance societaria. Un processo di successione ben strutturato non solo preserva l’affectio societatis, ma consente anche di garantire una gestione stabile e durevole della società. Dal punto di vista strategico, una corretta gestione della premorienza può costituire un vantaggio competitivo, assicurando la stabilità dell’impresa e preservando il valore delle sue partecipazioni nel lungo termine.
Pertanto, sebbene una redazione attenta dello statuto non possa eliminare completamente il rischio di conflitti, essa costituisce la principale garanzia per la protezione degli asset societari e per la gestione ordinata delle partecipazioni in caso di premorienza del socio.
In conclusione, l’introduzione di adeguate previsioni statutarie relative alla premorienza del socio riveste un’importanza cruciale per salvaguardare la continuità e la stabilità di una società, tutelando sia gli aspetti patrimoniali sia quelli relazionali tra soci ed eredi. Un’accurata pianificazione in questo ambito consente di prevenire conflitti, di ottimizzare il carico fiscale e di assicurare una gestione armoniosa della società nel lungo periodo.
Gli imprenditori dovrebbero riflettere seriamente su questi aspetti, considerando che un evento imprevisto come la premorienza può mettere a rischio anni di lavoro e sacrifici. Prevedere soluzioni tempestive ed efficaci nello statuto societario rappresenta un investimento fondamentale per garantire la longevità e il successo dell’azienda.
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