SUCCESSIONE DELL’AZIENDA: COSA SUCCEDE QUANDO MUORE UN SOCIO?

Analisi di Bilancio
Data
01.06.2024
Autore
Matteo Rinaldi

La morte di un socio può rappresentare un evento devastante per un’azienda, specialmente se non sono state prese misure preventive per gestire tale situazione. Molti imprenditori non sono consapevoli delle conseguenze che un evento del genere può causare, e questa mancanza di consapevolezza può portare a trascurare l’importanza della pianificazione patrimoniale. La mancanza di una strategia di successione può portare a problemi finanziari e, nei casi più gravi, al fallimento dell’azienda.

SUCCESSIONE AZIENDALE IN CASO DI MORTE DI UN SOCIO

La morte di un socio in una società, sia essa di persone o di capitali, può senz’altro causare un significativo squilibrio all’interno della compagine sociale. In particolare, questo può accadere quando il socio defunto rivestiva un ruolo cruciale, come quello di amministratore unico, o deteneva diritti particolari nelle società di capitali o una quota di partecipazione rilevante rispetto agli altri soci.

È importante sottolineare che una società possiede una propria personalità giuridica, indipendente da quella dei suoi soci; ciò significa che la società può continuare a operare nonostante la morte di uno o più soci, oppure può essere sciolta e messa in liquidazione anche se tutti i soci sono ancora in vita.

Nella Società Semplice, quale forma di società di persone, la morte di un socio comporta, di norma, lo scioglimento della società, a meno che non sia diversamente previsto dall’atto costitutivo o da un accordo tra i soci superstiti. Gli eredi del socio defunto non subentrano automaticamente nella società, ma possono subentrare solo se accettati dagli altri soci. In caso contrario, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota del socio defunto. Questo processo può essere complesso e portare a divergenze tra i soci superstiti e gli eredi, influenzando negativamente la continuità e la stabilità della società.

Nella Holding sotto forma di società di capitali, invece, la morte di un socio non determina automaticamente lo scioglimento della società. Le quote del socio defunto passano agli eredi secondo le disposizioni testamentarie o, in assenza di testamento, secondo le norme sulla successione legittima. Tuttavia, anche in questo caso, possono sorgere problemi se gli eredi non sono in grado di gestire adeguatamente le quote o se sorgono conflitti tra gli eredi stessi e gli altri soci.

Per evitare che la società subisca battute d’arresto, è fondamentale prevedere nel contratto sociale o nello statuto delle clausole che regolino la successione delle quote e la gestione della società in caso di morte di un socio. Queste precauzioni possono includere clausole di gradimento, opzioni di acquisto delle quote da parte degli altri soci, o l’istituzione di un consiglio di amministrazione che possa garantire la continuità gestionale.

LE CONSEGUENZE DELLA SCOMPARSA DI UN SOCIO NELLE HOLDING

Iniziamo con l’analizzare gli effetti che la morte di un socio determina, osservando come questi si differenziano tra una Holding di capitale e una Società Semplice. Le dinamiche variano significativamente tra le due strutture, essendo l’una una società di capitali e l’altra una di persone:

  1. Per una Holding, società di capitali, prevale la responsabilità limitata: i soci sono protetti dal rischio patrimoniale, dato che solo il patrimonio della società risponde per le obbligazioni. Quindi, il patrimonio privato dei soci rimane al di fuori delle pretese dei creditori della società;
  2. Al contrario, nelle Società Semplici, società di persone, i soci possono essere tenuti a rispondere personalmente per le passività sociali. Esempio tipico è rappresentato dalla accomandita semplice, in cui i soci accomandatari, in qualità di amministratori, hanno responsabilità illimitata riguardo ai debiti societari secondo l’articolo 2318 del Codice civile.

Dato il quadro di responsabilità limitata delle società di capitali, non emergono particolari problematiche relative al trasferimento delle quote del socio defunto, essendo di norma possibile la libera trasmissibilità delle partecipazioni, salvo disposizioni statutarie o dell’atto costitutivo che dispongano diversamente.

Invece, le Società Semplici vedono una maggiore restrizione nella circolazione delle quote a causa della possibile responsabilità patrimoniale dei soci, con il codice civile che all’articolo 2284 prevede, come norma generale, la non trasmissibilità della porzione di società in caso di morte di un socio, a meno che lo statuto o l’atto costitutivo non prevedano altrimenti. La finalità di tale normativa è quella di prevenire il rischio che gli eredi del socio deceduto si trovino a far fronte ai debiti sociali a seguito della successione.

Di fronte alla scomparsa di un socio in una Società Semplice, si presentano diverse opzioni per i soci rimanenti:

  • Liquidare la partecipazione agli eredi del socio scomparso, richiedendo un impegno finanziario immediato da parte della società (entro sei mesi per legge);
  • Dissolvere la società, avviando le procedure di liquidazione;
  • Concordare con gli eredi per un possibile ingresso in società, continuando l’attività con loro. Tale percorso necessita del consenso unanime dei soci rimanenti e di un accordo specifico tra le parti.

Come dimostrato, lo statuto societario o l’atto costitutivo possono stabilire norme differenti rispetto a quelle sopra descritte, attraverso clausole per la continuazione dell’attività con gli eredi o per il trasferimento delle quote subordinato all’approvazione degli organi sociali o di terzi. La complessità e vastità di tale argomento verrà trattata in altra sede.

– OBBLIGHI E PROCEDURE POST-MORTE PER I SOCI

Nel panorama giuridico italiano, i soci superstiti devono prestare attenzione agli obblighi inerenti il regime pubblicitario post mortem, con differenziazioni rilevanti tra Holding e Società Semplice.

La Holding, come società di capitali, non richiede la comunicazione del decesso di un socio al Registro delle Imprese, tuttavia è necessario segnalare il trasferimento delle quote. D’altro canto, una Società Semplice, essendo una società di persone, seguendo la direttiva MISE del 27 aprile 2015, deve iscrivere tale evento modificativo entro trenta giorni dalla sua occorrenza. Per le Società Semplici, si segnala anche l’obbligo di ricostituire la pluralità dei soci o sostituirne uno in caso di decesso, entro sei mesi dall’evento.

In assenza di tale azione, i soci superstiti devono affrontare la cancellazione della società, trasformarla in un’entità giuridica diversa. In caso di inerzia, laddove non si opti per nessuna delle due soluzioni suindicate, la società si scioglie e con conseguente fase di liquidazione.

– COMUNIONE EREDITARIA DELLA PARTECIPAZIONE SOCIALE

E’ opportuno evidenziare che nel caso di devoluzione della partecipazione societaria in favore di una pluralità di eredi la quota cadrà in comunione ereditaria, cioè è una particolare forma di comunione caratterizzata dalla contitolarità dei beni ereditari da parte degli eredi di una persona defunta, definito nel nostro ordinamento il “de cuius”.

Tale situazione di comproprietà della partecipazione societaria determina l’obbligo per i coeredi di nominare, a maggioranza, un rappresentante comune che li rappresenti, anche al fine di garantire una corretta prosecuzione delle attività decisionali dell’assemblea: il rappresentante comune, infatti, curerà la gestione della quota e l’esercizio dei relativi diritti (come quello di partecipazione all’assemblea, di voto e di impugnazione delle delibere assembleari) sino alla divisione della massa ereditaria.

In caso di mancata nomina del rappresentante comune, che viene considerato, in base a consolidata giurisprudenza, l’unico soggetto legittimato all’esercizio di tutti i diritti che per statuto o per legge spettano ai comproprietari nelle more della divisione ereditaria, si evidenzia che è da ritenersi esclusa la legittimazione autonoma e/o concorrenti da parte dei singoli comproprietari in relazione all’esercizio dei diritti inerenti la quota stessa.

PER I DEBITI SOCIALI COSA SUCCEDE?

La gestione dei debiti sociali alla morte di un socio è una questione complessa e varia significativamente a seconda del tipo di società.

Nelle Holding di capitali, la problematica appare attenuata grazie alla limitazione di responsabilità, che è circoscritta al solo patrimonio sociale. Questo implica che i soci superstiti, pur continuando l’attività con gli eredi del defunto o con nuovi soggetti, mantengono il beneficio della responsabilità limitata a quanto già conferito come capitale sociale. Diversamente, nelle Società Semplici, che sono società di persone, la questione è più delicata. Qui vige un regime di responsabilità illimitata per i soci, il che significa che i soci superstiti potrebbero trovarsi a dover rispondere integralmente delle obbligazioni assunte durante la vita del socio deceduto. Ad esempio, in una Società Semplice composta da due soci, la morte di uno di essi comporterebbe che il socio superstite si trovi a dover rispondere personalmente di tutti i debiti sociali.

Inoltre, l’impresa potrebbe trovarsi in difficoltà se costretta a liquidare il valore della quota sociale agli eredi del socio defunto entro sei mesi, come previsto dalla legge. Questo obbligo potrebbe creare problemi di liquidità, mettendo a rischio la stabilità finanziaria della società.

Pertanto, è prudente tenere in debita considerazione sin dal momento della costituzione della società la problematica relativa alle sorti dell’impresa nella (scongiurata) eventualità del decesso di uno dei soci, in modo da poter valutare preventivamente a quali rischi il socio superstite potrebbe andare incontro in tale ipotesi e ponderare costi e benefici del futuro scenario possibile, onde evitare di incorrere in aggravi di responsabilità eccessivi.

CHE FINE FA LA QUOTA DEL SOCIO DEFUNTO, QUALORA NON CI FOSSERO EREDI?

La questione della quota del socio defunto senza eredi è complessa e varia a seconda del tipo di società e delle normative vigenti.

Nelle Holding di capitali, la partecipazione del socio defunto può essere trasferita agli eredi o a terzi, seguendo il principio della libera trasmissibilità. Nelle Holding società di persone, come le Società Semplici, la quota può essere liquidata in favore degli eredi o trasferita a loro con il consenso dei soci superstiti per continuare l’attività.

Tuttavia, se il socio defunto non ha eredi o non esiste alcun successibile, si applica l’articolo 586 del codice civile. Questo articolo stabilisce che, in mancanza di eredi, l’eredità viene devoluta allo Stato. In questo scenario, lo Stato diventa il destinatario ultimo della partecipazione sociale, ma la sua responsabilità non può superare il valore dell’eredità stessa. Prima che lo Stato possa diventare socio a tutti gli effetti, deve essere assolutamente certa l’inesistenza di successibili entro il sesto grado.

Durante questo periodo, l’eredità è considerata giacente e viene nominato un curatore ex art. 528 c.c. Questo curatore agisce come legittimo interlocutore della società, garantendo la continuazione delle attività di impresa fino alla risoluzione definitiva della questione.

IL FUNZIONAMENTO DELL’ASSEMBLEA IN CASO DI MORTE DEL SOCIO

La questione del proseguimento del funzionamento dell’assemblea societaria in caso di decesso di uno dei soci è di cruciale importanza per garantire la continuità operativa e la validità delle delibere adottate. Il Consiglio Nazionale del Notariato ha recentemente analizzato questa problematica, focalizzandosi sulle implicazioni pratiche e legali per le società a responsabilità limitata.

Il Consiglio ha, in sostanza, affermato che:

  • ai sensi dell’art. 2470 del Codice civile, il trasferimento mortis causa della partecipazione sociale ha effetto nei confronti della società soltanto in seguito al deposito della documentazione attestante tale trasferimento dinanzi al Registro Imprese;
  • finchè tale pubblicità non è posta in essere, gli eredi non sono legittimati all’esercizio dei diritti sociali;
  • ne consegue che l’assemblea dei soci potrà dirsi validamente convocata mediante l’invio del relativo avviso al socio defunto, non rilevando che la circostanza del decesso sia stata comunque acquisita dalla società per vie traverse;
  • analogamente, “la partecipazione del socio defunto dovrà essere computata nel calcolo dei quorum deliberativi e, quindi, le delibere potranno ritenersi validamente assunte qualora il voto favorevole degli altri soci consenta di raggiungere le maggioranze prescritte dalla legge”.

L’IMPORTANZA DI PREVISIONI STATUTARIE PER DISCIPLINARE LA PREMORIENZA DEL SOCIO

La premorienza di un socio rappresenta un evento critico che può influenzare profondamente la stabilità e la continuità di una società. Lo statuto societario, quindi, gioca un ruolo cruciale nel disciplinare tale eventualità in modo chiaro e dettagliato. Senza previsioni statutarie ad hoc, la gestione delle partecipazioni sociali può diventare complessa e fonte di conflitti tra gli eredi, mettendo a rischio la continuità aziendale e l’equità patrimoniale.

Innanzitutto, lo statuto dovrebbe prevedere meccanismi che garantiscano una transizione di leadership senza intoppi. Questo può includere la designazione preventiva di successori o l’adozione di procedure per la selezione di nuovi amministratori. È fondamentale che la nuova leadership sia in grado di mantenere una gestione imprenditoriale efficace, assicurando così la stabilità e la crescita dell’azienda. Inoltre, tali misure possono prevenire litigi tra i soci superstiti e gli eredi del socio deceduto, favorendo un ambiente collaborativo e armonioso.

In secondo luogo, è essenziale che lo statuto preveda soluzioni eque dal punto di vista patrimoniale. Questo può includere la definizione delle quote di partecipazione da destinare agli eredi o l’istituzione di fondi di liquidità per facilitare il pagamento delle quote agli eredi senza compromettere la solidità finanziaria della società. In assenza di tali previsioni, la liquidazione delle quote potrebbe rappresentare un onere significativo per i soci superstiti, soprattutto se il patrimonio societario è di elevato valore.

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Infine, una pianificazione dettagliata e preventiva del Passaggio Generazionale può ridurre al minimo i rischi di conflitti tra gli eredi. Questo non solo preserva l’affectio societatis, ma consente anche di costruire una governance solida e duratura. In sintesi, un’attenta redazione dello statuto societario non può eliminare del tutto i conflitti, ma rappresenta la migliore garanzia per la salvaguardia della società e per la gestione ordinata delle partecipazioni sociali in caso di premorienza del socio.

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