Finanziamenti e valutazione delle imprese: Parte 2

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Data
25.02.2023

Autore
Matteo Rinaldi

Nel precedente contributo (leggi: Finanziamenti e valutazione delle imprese: Parte 1) ho cercato raccontare in modo semplice come una banca valuta un’azienda. Oggi, continuiamo il nostro lavoro sulla struttura e analisi di bilancio.

IL BILANCIO

1.1 UNO STRUMENTO DI COMUNICAZIONE E PRESENTAZIONE

Le modalità di redazione del bilancio sono indicate nel Codice Civile, e sono: bilancio delle microimpresebilancio abbreviato e bilancio ordinario.

Il bilancio delle microimprese non lo considereremo in questo contributo: lo redigono per lo più piccole aziende artigianali o commerciali.
Il bilancio ordinario è quello più completo e comprende 4 parti:

  • Stato Patrimoniale,
  • Conto Economico,
  • Rendiconto Finanziario
  • Nota Integrativa,
  • Relazione degli amministratori sulla gestione.

Nella sua forma e nei suoi contenuti il bilancio ordinario descrive l’azienda sia a consuntivo sull’esercizio chiuso che, in qualche misura, sulle prospettive future dell’impresa. Le informazioni contenute nel bilancio ordinario sono precisamente normate, e raggiungono un livello di dettaglio tale da non richiedere ulteriore documentazione contabile a supporto. Il Bilancio è uno strumento di grande valore comunicativo.
Il bilancio abbreviato è una via di mezzo tra i due precedenti. Le sue caratteristiche sono l’assenza del rendiconto finanziario e una nota integrativa molto semplificata e povera di informazioni.

In caso di richiesta di finanziamento bisogna mettere in conto il fatto che con un bilancio abbreviato dovrà integrare le informazioni mancanti con lunghi scambi di mail; chi invece decide di investire sulla trasparenza aziendale utilizzerà la forma ordinaria anche se non è obbligato.

1.2 VALORI DEL BILANCIO

Qualunque sia la sua forma di redazione, il bilancio conterrà una serie di informazioni che saranno valutate da chiunque debba stabilire se un’azienda merita o meno il credito.
Faremo di seguito una sintetica spiegazione dei principali valori la cui entità guiderà i finanziatori verso la decisione di concedere o meno il credito.

1.2.1 Patrimonio Netto

Il Patrimonio Netto è il valore attuale teorico dell’impresa: se l’azienda dovesse chiudere in questo preciso istante, il patrimonio netto è ciò che resta in tasca ai proprietari dopo che tutti i crediti sono stati riscossi e tutti i debiti sono stati onorati. Il suo valore è soltanto consuntivo, cioè tiene conto
solo dell’andamento passato e non delle prospettive future, ma ha un peso determinante per il finanziatore: se un socio di capitale, cioè un soggetto che vuole assumersi il rischio d’impresa, è più interessato al futuro che al passato, un finanziatore è invece di solito più orientato alla sicurezza, e
quindi cerca di assicurarsi che fino ad ora l’azienda sia andata bene.
Il Patrimonio Netto non è un unico oggetto ma un insieme composto di più parti diverse tra loro. La prima è il capitale sociale, che è il denaro che la proprietà ha apportato in azienda con l’intenzione di lasciarlo lì per sempre. E’ la componente più stabile del Patrimonio Netto, e dal punto di vista qualitativo è generalmente considerato un indice della fiducia che ha la proprietà nell’azienda.
Vi sono poi le riserve esamineremo quelle più importanti. Le riserve di utili sono tra quelle che il finanziatore ama vedere. Sono costituite da utili di esercizio accantonati nel corso del tempo, e dicono sostanzialmente due cose: la prima, che l’azienda è stata in grado nel tempo di produrre marginalità, e la seconda, che la proprietà ha preferito lasciare questa marginalità a rafforzamento dell’impresa piuttosto che prelevarla, come peraltro sarebbe stato suo diritto.

  • le riserve di valutazione: vengono sempre considerate con attenzione per non dire scetticismo: si formano solitamente quando, grazie alle normative, l’azienda prende dei beni che a bilancio hanno un determinato valore che non rispecchia quello reale, li sottopone al commercialista che ne valuta il valore reale attuale (che si immagina superiore), e a bilancio imputa nell’attivo il nuovo valore e nel passivo la differenza come riserva di patrimonio netto. Questo da una parte rinforza il patrimonio aziendale, ma dall’altra è ben chiaro che lo fa senza che sia immesso in azienda un solo euro. Inoltre, la valutazione del professionista, seppure effettuata con estrema competenza, è sempre un’operazione di parte: se ho un macchinario che a bilancio vale 50.000 € perché è quasi del tutto ammortizzato, e il professionista lo rivaluta a 300.000 € perché è a bassa obsolescenza e ben manutenuto, questo non significa che io possa trovare qualcuno disposto ad acquistarlo a quella cifra. Peggio ancora per gli immobili: un capannone può avere un valore di perizia che nessuno sul mercato è disposto a pagare. Quindi le riserve di valutazione sono un elemento da considerare con grande cautela.
  • le riserve in conto futuro aumento capitale: sono tendenzialmente un elemento positivo; vogliono dire che la proprietà ha deciso di apportare denaro in azienda come capitale di rischio, e questo è segno di fiducia nel business e di coinvolgimento da parte della proprietà. Attenzione: queste riserve stanno per diventare capitale ma non lo sono ancora; se rimangono transitoriamente a bilancio sono un buon indicatore, se invece mettono radici e si ritrovano esercizio dopo esercizio fanno venire il sospetto che la volontà di aumentare il capitale non ci sia seriamente, perché finché non sono diventate capitale possono anche essere ridistribuite ai soci.
  • la riserva di sovrapprezzo delle azioni: è rappresentata dalla differenza tra il valore nominale del capitale sottoscritto e quanto effettivamente versato dal socio. Pensiamo ad un’azienda che ha un capitale sociale di 9.000 € ma un patrimonio netto di 99.000 €: se un nuovo socio entra sottoscrivendo un aumento di capitale di 1.000 €, dopo la sottoscrizione sarà proprietario di 1/10 del patrimonio netto: versa 1.000 ed è proprietario di 10.000. Non sarebbe un grande affare per gli altri soci: verserà quindi 1.000 di capitale e 10.000 di sovrapprezzo, così il capitale passerà a 10.000, il patrimonio netto a 110.000 e tutti i soci avranno partecipato allo stesso modo alla costituzione del patrimonio netto. La presenza di questa voce è positiva perché indica sia che l’azienda è stata considerata un buon investimento da un soggetto che ha apportato capitale di rischio, sia che la proprietà è aperta allo sviluppo del business coinvolgendo nuovi soggetti imprenditori.
  • il finanziamento soci: se poi i soci finanziano la società con un prestito diventano tecnicamente un finanziatore. Il finanziamento soci per l’impresa è debito, quindi è un segnale ambivalente. Da una parte, è positivo che la proprietà metta mano al portafoglio; dall’altra, il denaro è stato versato con tutte le tutele dovute al fatto che si tratta di debito, quindi con diritti precisi e con previsione di rimborso, questo indica che la fiducia nel business c’è ma è relativa. Se la proprietà vuole migliorare il profilo patrimoniale in modo determinante la soluzione è una: convertire il finanziamento soci in capitale.

1.2.2 Margine Operativo Lordo (MOL)

Il Margine Operativo Lordo (MOL) è il valore che indica la capacità dell’azienda di produrre reddito. Ci sono diversi modi per calcolarlo, e oggi viene spesso considerato come sinonimo di EBITDA. Il MOL comprende i ricavi ed i costi di tipo operativo: sono quindi escluse le componenti finanziarie, come gli interessi passivi, ammortamenti, gli accantonamenti e componenti fiscali. Dobbiamo escludere anche la cosiddetta gestione extracaratteristica, cioè le poste non attinente all’attività principale. Qualche esempio: se un’azienda realizza migliorie su propri beni, e la differenza positiva di valore viene imputata a ricavo, questo rientra nella gestione caratteristica. Menntre, i contributi pubblici sono sempre per loro natura estranei alla capacità aziendale di generare reddito.
Il MOL, quindi, è un valore che deve rispecchiare il più possibile la marginalità effettiva dell’impresa. Da una parte non basta vedere un utile finale per essere sicuri della redditività di un’impresa, perché questo può essere influenzato da componenti che non hanno a che fare con l’attività propria, ma dall’altra nemmeno un calcolo meccanico dei valori può dar conto della reale capacità di generare reddito da parte di un’impresa.

2.2.3 Oneri finanziari

A parte i soci di animo più nobile, nessuno presta denaro gratuitamente: il mestiere di fondo delle banche è avere una differenza positiva tra il tasso al quale prestano il denaro ed il tasso al quale se lo fanno prestare, e lo stesso vale per chiunque abbia come business il prestare il denaro.
Il costo del denaro è soggetto ad una miriade di variabili: negli ultimi anni, ci siamo abituati ad avere a che fare con situazioni macroeconomiche globali che nell’arco di poche settimane quando non addirittura di giorni impattavano sulle condizioni economiche del credito. Al nocciolo di tutto,
però, c’è un’informazione fondamentale: il costo del denaro pagato da un’azienda è proporzionale alla fiducia che i finanziatori hanno nei confronti dell’azienda. A parità di tutte le altre condizioni (che, come abbiamo appena detto, dipendono da un insieme di variabili che vanno molto al di là di
quanto un’impresa possa governare) l’impresa che il finanziatore considera più affidabile pagherà un tasso di interesse inferiore rispetto all’impresa considerata meno affidabile. Naturalmente è tutto relativo: un’impresa corporate di alto standing pagherà magari l’1% mentre una di basso standing pagherà il 3%, mentre in ambito small business un’impresa di alto standing potrà pagare il 4% contro un 9% della vicina ad alto rischio, ma il prezzo sarà comunque collegato all’opinione che i finanziatori hanno dell’impresa.
Gli oneri finanziari confrontati con i debiti finanziari portano al tasso medio del debito, quindi ci dicono cosa “il mercato”, questo fantasma anonimo e informe che è poi dato dalla somma di tutti i soggetti finanziatori, pensa della capacità di un’azienda di rimborsare il debito. Se invece paragoniamo gli oneri finanziari con il margine, ed in particolare con il MOL, vedremo quanto della redditività dell’azienda è assorbito dalla gestione finanziaria.
Questo è un valore che l’impresa deve tenere sotto stretto controllo: se gli oneri finanziari assorbono una parte troppo importante del MOL ciò indica che l’azienda non ha la capacità di sostenere il debito. Su questo punto torneremo successivamente.

1.2.4 Magazzino

Con il termine “magazzino” si indica un insieme molto variegato di poste di bilancio, la cui entità e consistenza dipende dal settore di attività. Pensiamo al magazzino di un’impresa edile rappresentato da un immobile in costruzione: può essere l’unica posta rilevante dell’attivo di bilancio, e la sua crescita per via dell’avanzamento lavori può essere l’unica componente positiva di conto economico in presenza di ricavi pari a zero.
Come possiamo capire se inumeri che vediamo sono indice di buona salute o di criticitàò?
Innanzitutto, il magazzino assorbe liquidità: l’azienda necessita di denaro per affrontare il percorso che va dall’acquisto della materia prima o merce alla sua vendita passando per tutte le fasi intermedie. Se un’azienda ha un valore di magazzino basso, le sue esigenze di liquidità a breve termine saranno inferiori di quelle di un’azienda con magazzino più consistente. Se il magazzino è di entità ridotta, quindi, potremo evitare di concentrarci su di esso: male che vada, assorbirà comunque poco.

1.1.5 Ciclo monetario

La vita di un’azienda di produzione industriale funziona con l’acquisto materie prime, le pago con una dilazione. Le materie prime e i prodotti in lavorazione e lavorati trascorrono del tempo in magazzino, poi li vendo e vengo pagato con un’altra dilazione. Dal punto di vista del flusso del denaro, l’impresa ha un gap da affrontare, che è l’intervallo tra quando le vendite si trasformano in incasso (flusso in entrata) e quando gli acquisti si trasformano in pagamenti (flusso in uscita). In mezzo sta il magazzino, che non è un’uscita vera e propria, ma il tempo che materie e prodotti trascorrono in magazzino è un ulteriore fattore che ritarda la vendita e quindi gli incassi.
Un esempio può essere di aiuto. Poniamo che io paghi i fornitori a 60 giorni, il mio magazzino abbia una giacenza media di 45 giorni e i miei clienti mi paghino a 90 giorni: il mio ciclo monetario è dato da credito clienti più giacenza di magazzino meno debito fornitori, cioè 90 + 45 – 60 = 75 giorni. In altre parole, per funzionare mi serve denaro sufficiente a sopravvivere per i 75 giorni che passano tra quando pago e quando vengo pagato. Questo valore è fondamentale, ed è molto più importante delle sue singole componenti: siamo spesso abituati a ragionare sui tempi di incasso e pagamento da soli, ma è la loro correlazione la vera chiave dell’equilibrio del circolante aziendale. I tempi in sé possono anche essere lunghi, ma se ben correlati potranno essere gestiti senza eccessive difficoltà.

1.1.6 Debito finanziario

Tutto ciò che si trova nel passivo, e non è patrimonio netto, è debito, e il debito si può classificare in base a chi è il creditore. Per le aziende che accedono al sistema bancario, ovviamente il debito più “delicato” è quello finanziario.
Il debito finanziario è diverso: innanzitutto si tratta di denaro effettivamente versato da qualcuno, diversamente dai debiti commerciali, poi il soggetto è estraneo all’azienda, diversamente dal finanziamento soci, ed infine il soggetto finanziatore deve decidere liberamente di concedere il denaro, diversamente dall’Erario.
Il debito finanziario dà la misura puntuale dello stato di salute dell’azienda: il suo rapporto con il patrimonio netto dice quanto l’azienda riesce a sostenere da sola le proprie esigenze e quanto invece debba farsi sostenere; il suo costo dice quanto il mercato valuta affidabile e solida l’azienda; il suo trend di crescita o calo dice come si sta evolvendo la struttura dell’impresa; la sua composizione tra breve termine e medio lungo termine dice dove si concentrano le principali esigenze dell’impresa.
Un debito finanziario sano è fisiologico e segno di buona salute, un debito finanziario gestito con leggerezza o contratto per tamponare disequilibri strutturali è invece fonte di pericolo, e tende ad aggravare le situazioni di tensione preesistenti.

1.3 INDICI ECONOMICI

Fino ad ora abbiamo affrontato per lo più dei valori assoluti, ma la chiave della valutazione di un’impresa si rileva più dagli indici che dai valori assoluti. Gli indici sono di tre tipi: economici, patrimoniali e misti, ovvero legati a grandezze sia economiche che patrimoniali.
Gli indici sono a decine, ed anche uno stesso indice può essere calcolato in diversi modi. Peggio ancora, molto spesso non c’è un modo corretto o sbagliato di calcolare un indice, ma è l’informazione che l’indice trasmette ad essere diversa a seconda di quale metodo si è utilizzato per calcolarlo.
Proveremo quindi a prendere in esame qualche indice e sceglieremo un modo di calcolarlo in base all’informazione che vogliamo acquisire.
Quando si parla di un’azienda, la prima domanda che generalmente ci si fa da profani è “ma quanto guadagna?”
Partiremo quindi da qui.

2.3.1 Marginalità

Ci sono molti indici per calcolare la marginalità, ciascuno con il suo numeratore e il suo denominatore calcolati in maniera diversa. La domanda che pare più attinente per valutare un’impresa è se la sua attività propria è redditizia, quindi partiremo da qui. Al denominatore ci sarà l’attività, cioè i ricavi delle vendite. Al numeratore, invece, si metterà la differenza tra i ricavi da attività propria di cui sopra e i costi propri dell’azienda, cioè il MOL di cui abbiamo già parlato. Ma quali sono i costi propri? Senz’altro i costi per materie prime, i costi per servizi ed i costi per il personale, etc. Nel conto economico c’è la voce “oneri diversi di gestione”, che comprende tutto ciò che non ha una classificazione propria. Per calcolare il MOL in modo coerente con l’obiettivo che ci siamo dati bisognerà analizzare questa voce e utilizzare solo le componenti di natura ordinaria.
Al termine di questo processo scopriremo quanto margine genera l’azienda: ad esempio, non sono comprese le svalutazioni, quindi se l’azienda ha dovuto svalutare dei crediti perché i suoi clienti non l’hanno pagata, questo costo non sarà compreso nel nostro MOL. Al contrario, se l’azienda avrà capitalizzato costi di R&S, questi ricavi per quanto rilevanti e segno di buona salute aziendale non saranno inclusi. Il MOL così calcolato ci dice se l’impresa è redditizia nella sua attività. Ma quali sono i valori “giusti”? In realtà non ci sono, molto dipende dal settore e dalla strategia aziendale. Per un’azienda industriale un buon valore di MOL è intorno al 20%, e in generale un valore superiore al 10% è accettabile.

2.3.2 DSCR e la copertura del servizio del debito

L’acronimo di DSCR significa “debt service coverage ratio”, cioè coefficiente di copertura del servizio del debito: date le uscite per cassa di un’azienda, il valore indica quanto le entrate per cassa coprono questa necessità. Vi sono molti modi per calcolarlo, e ciascuno è giusto e ciascuno dà un’informazione vera sull’impresa.
Per capire cosa si intende per gestione ordinaria spieghiamoci meglio. La mia azienda paga fornitori con una dilazione di 60 giorni, e ogni mese paga 100.000 €. Mettiamo che mi servano 200.000 € per pagare le tredicesime: se convinco i miei fornitori a spostare il pagamento a 120
giorni, mi troverò in tasca 200.000 € in più. Avrò creato liquidità, che userò per pagare le tredicesime. Solo quest’anno, però: se volessi ripetere il gioco l’anno prossimo, dovrei convincere i fornitori a farsi pagare a 180 giorni. E’ evidente che questo non è un caso di gestione ordinaria della
cassa, perché le dilazioni non possono crescere per sempre.
Al contrario: il mio cliente principale mi paga a 90 giorni e da lui incasso 200.000 € al mese, mi chiede di passare a 120 giorni: sono spariti 200.000 € di liquidità, e dovrò trovare il modo di recuperarli. Anche qui, se il mio cliente volesse ripetere il gioco, mi troverei un altro cliente. E’ evidente che anche questo non è un caso di gestione ordinaria della cassa.

Vogliamo capire se l’azienda riesce ad onorare le rate dei mutui con i suoi incassi ordinari. Se un’azienda è regolare nelle rate perché ha rinegoziato nel corso dell’esercizio tutte le dilazioni di pagamento, questo non è per noi segno di equilibrio: vogliamo occuparci della gestione ordinaria. Prenderemo quindi in considerazione due grandezze. Al denominatore quella facile: la somma delle rate annue dei finanziamenti. E al numeratore? Il modo più semplice è prendere l’utile ed aggiungere i costi figurativi, cioè gli ammortamenti, gli accantonamenti e le svalutazioni. L’importante è ricordare che tutti questi valori ci portano ad approssimazioni ragionevoli, che vanno inquadrate nel contesto dell’attività aziendale.
E se ad esempio cresce il magazzino, assorbendo liquidità? Se l’azienda ha acceso un finanziamento per il circolante, generando liquidità che però andrà restituita? Bisognerà esaminare il bilancio e capire se il DSCR che abbiamo calcolato è effettivamente coerente con la situazione aziendale. E qual è il valore adeguato. Generalmente un valore di 1,5 è considerato adeguato, con 1,2 come soglia minima.

1.3.3 Rapporto Oneri Finanziari/MOL

I debiti finanziari sono accompagnati dal loro tasso di interesse, che come abbiamo detto in precedenza è un buon indicatore di come il mercato vede la qualità di un’azienda. Se paragoniamo gli oneri finanziari con il MOL, invece, abbiamo uno strumento di autovalutazione sulla sostenibilità aziendale. Abbiamo visto come il MOL che ci interessa calcolare sia la misura della marginalità lorda che un’azienda genera con la sua attività ordinaria. Generalmente, l’azienda accede al credito bancario: la domanda che ci poniamo è: quanta parte della marginalità va a ripagare il debito contratto. In pratica: mi indebito per produrre fatturato e quindi margine, ma quanto di questo margine se lo rimangia il debito stesso?

Dalla risposta dipende la sostenibilità del debito aziendale: con il MOL bisogna anche sostenere gli ammortamenti, le svalutazioni, le tasse, ma anche remunerare la proprietà. Se gli oneri finanziari assorbono eccessivamente il MOL, significa che l’azienda è in un circolo vizioso in cui il debito sostiene sé stesso e basta. Quindi, qual’è il valore ottimale del rapporto da oneri finanziari e MOL? Una risposta definita non c’è, perché dipende dal peso delle altre voci sostenute dal MOL stesso. Quello che è chiaro è che gli oneri finanziari sono il prezzo di uno strumento aziendale e non possono essere la principale destinazione del margine.

Nei prossimi giorni sarà disponibile la terza e conclusiva parte del contributo.