VERSAMENTI SOCI IN FAVORE DELLA SOCIETA’

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Data
04.12.2022
Autore
Matteo Rinaldi

La distinzione tra i versamenti effettuati dai soci nelle società di capitali, che possono essere interpretati come finanziamenti o come conferimenti di capitale di rischio, è una questione di notevole rilevanza sia dal punto di vista giuridico che gestionale dell’impresa.

I VERSAMENTI EFFETTUATI DAI SOCI IN FAVORE DELLA SOCIETA’

La distinzione tra i versamenti effettuati dai soci nelle società di capitali, che possono essere interpretati come finanziamenti o come conferimenti di capitale di rischio, è una questione di notevole rilevanza sia dal punto di vista giuridico che gestionale. La differenza fondamentale tra questi due tipi di erogazioni risiede nelle intenzioni dei soci al momento del versamento e nelle conseguenze che questi hanno sulla struttura finanziaria e patrimoniale della società.

Mentre i finanziamenti prevedono un obbligo di restituzione da parte della società, spesso accompagnato da interessi, i conferimenti di capitale di rischio mirano a rafforzare la base patrimoniale della società senza un’immediata pretesa di restituzione, generando crediti per i soci solo in caso di liquidazione della società.

La complessità nella qualificazione giuridica di tali versamenti nasce dalla necessità di interpretare la reale intenzione dei soci, che non sempre è manifestata chiaramente al momento del versamento. La giurisprudenza, in questi casi, suggerisce di andare oltre la semplice denominazione data alle operazioni contabili, conducendo un’analisi approfondita delle circostanze e degli accordi intercorsi tra i soci e la società. La corretta qualificazione di questi versamenti è fondamentale per determinare gli effetti sul bilancio della società e le aspettative dei soci in merito alla restituzione delle somme o alla partecipazione agli utili. Inoltre, ha implicazioni significative in termini di responsabilità fiscale e legale, sia per la società che per i soci stessi.

Pertanto, è consigliabile che le parti interessate si avvalgano della consulenza di professionisti legali e contabili per assicurare che tali operazioni siano classificate correttamente e che rispettino le normative vigenti, evitando così potenziali controversie future.

APPORTI DEI SOCI IN FAVORE DELLA SOCIETA’

L’erogazione dei soci in favore della propria società rappresenta una pratica comune, soprattutto nelle picole società di capitali. Questo tipo di operazioni si manifesta attraverso contributi patrimoniali, prevalentemente finanziari, effettuati dai soci senza il rispetto di particolari formalità o l’indicazione di una causale precisa. L’obiettivo principale di tali apporti è quello di fornire alla società le risorse necessarie per sostenere l’attività imprenditoriale. Questi apporti di capitale, si basano sostanzialmente su due diversi intenti.

Da un lato, possono essere intesi come un finanziamento da parte dei soci, configurandosi quindi come un prestito alla società con l’obbligo di restituzione, che può avvenire con o senza interessi. Dall’altro, possono avere lo scopo di rafforzare in modo permanente e definitivo la struttura patrimoniale e finanziaria della società, senza tuttavia implicare un formale aumento del capitale sociale. Questa seconda tipologia di versamenti, detti “atipici”, contribuisce ad incrementare il patrimonio netto della società senza alterare il capitale sociale nominale, creando un credito esigibile solo in fase di scioglimento dell’ente e nei limiti del possibile attivo di liquidazione, subordinando il diritto di restituzione del socio ai diritti dei creditori sociali.

Nonostante siano ammessi dall’ordinamento giuridico, gli apporti fuori capitale non sono dettagliatamente regolamentati dal legislatore, se non sotto specifici aspetti tributari. Questi possono ulteriormente classificarsi  in conto capitale, in conto aumento di capitale, in conto futuro aumento di capitale e versamenti a fondo perduto. Tale distinzione sottolinea la varietà di forme e finalità che questi conferimenti possono assumere, riflettendo la flessibilità con cui i soci possono supportare finanziariamente la propria società al di fuori delle tradizionali vie di aumento di capitale.

VERSAMENTI DEI SOCI PER FINANZIAMENTO

I versamenti dei soci per finanziamento rappresentano una modalità essenziale attraverso cui le società possono accedere a risorse finanziarie aggiuntive, senza necessariamente dover alterare la struttura del capitale sociale. Questo meccanismo offre una flessibilità notevole sia per la società che per il socio, consentendo di iniettare liquidità in maniera relativamente semplice e con condizioni potenzialmente personalizzate.

La natura di questi finanziamenti è tale che possono essere configurati in vari modi, inclusi prestiti diretti, apporti non capitalizzati, e altre forme di credito che non implicano un aumento di capitale. Tale versatilità rende i finanziamenti dei soci uno strumento prezioso nella gestione finanziaria di una società.

La distinzione tra i finanziamenti infruttiferi e quelli fruttiferi gioca un ruolo cruciale nella definizione delle condizioni sotto cui i finanziamenti vengono erogati e, successivamente, restituiti. Mentre i finanziamenti fruttiferi prevedono un interesse che matura sul capitale prestato, quelli infruttiferi non generano interessi, a meno che non venga esplicitamente pattuito diversamente. È importante che le condizioni di tali finanziamenti, inclusa la questione degli interessi, siano chiaramente definite e concordate tra le parti per evitare malintesi e garantire trasparenza.

La distinzione tra finanziamenti e conferimenti in conto capitale effettuati dai soci all’interno di una società riveste una notevole importanza sia dal punto di vista giuridico che contabile. Nonostante le denominazioni utilizzate al momento del versamento possano variare, ciò che determina la natura dell’operazione è la finalità sostanziale e le modalità con cui viene effettuata. Questo aspetto sottolinea l’importanza di analizzare ogni singolo caso per comprendere se i versamenti effettuati dai soci debbano essere considerati come finanziamenti, e quindi debiti verso i soci stessi, oppure come conferimenti in conto capitale, che accrescono le risorse proprie della società senza generare obblighi di rimborso.

I finanziamenti da parte dei soci sono trattati come debiti nel passivo dello stato patrimoniale della società, comportando un’obbligazione di rimborso verso i soci finanziatori. Tali operazioni non richiedono l’approvazione dell’assemblea dei soci e possono essere attuate indipendentemente dalla quota di partecipazione detenuta dal socio finanziatore. Tuttavia, è consigliabile formalizzare questi finanziamenti attraverso un accordo scritto che stabilisca chiaramente l’importo del prestito e i termini di rimborso, al fine di prevenire future controversie.

Il Decreto legislativo n. 385/1993, noto anche come Testo Unico Bancario, insieme alla deliberazione CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) del 3 marzo 1994, ha delineato specifiche condizioni sotto le quali i soci di una società possono finanziarla senza che tali operazioni siano considerate come una raccolta del risparmio, attività che è generalmente riservata agli istituti bancari e soggetta a strette regolamentazioni. Queste condizioni mirano a garantire che il finanziamento da parte dei soci sia effettuato in un contesto di trasparenza e sicurezza sia per la società sia per i soci stessi.

Le condizioni stabilite richiedono che il socio sia iscritto al libro dei soci per un periodo non inferiore a tre mesi, detenga una quota sociale di almeno il 2% del capitale sociale, come deliberato dall’ultimo bilancio approvato, e che vi sia un’espressa previsione di tale possibilità di finanziamento nell’atto costitutivo della società. Questi requisiti sono pensati per assicurare che il finanziamento sia fornito da soggetti strettamente legati alla vita societaria e con un interesse duraturo nel successo dell’impresa.

Inoltre, la normativa prevede la possibilità che i finanziamenti erogati dai soci possano essere successivamente convertiti in contributi in conto capitale o a fondo perduto, per esempio mediante la rinuncia ai crediti vantati o la loro compensazione in occasione di aumenti di capitale. Questo meccanismo offre un’opportunità per i soci di sostenere attivamente la società in momenti di difficoltà finanziaria, contribuendo così a salvaguardare la continuità aziendale. Tuttavia, è importante sottolineare che, in caso di squilibrio significativo tra l’indebitamento e il patrimonio netto o in situazioni finanziarie precarie, il rimborso di tali finanziamenti ai soci è subordinato alla soddisfazione dei crediti degli altri creditori terzi. Questa disposizione mira a proteggere gli interessi dei creditori esterni in contesti di potenziale crisi aziendale.

FINANZIAMENTO SOCI NELLE S.P.A. TRA SOCIETA’ INFRA-GRUPPO

Il finanziamento tra società all’interno dello stesso gruppo costituisce una pratica comune ma regolamentata con attenzione per prevenire abusi e garantire un equilibrio tra i diversi interessi in gioco. L’articolo 2497 quinquies del Codice civile italiano, in particolare, affronta la questione dei finanziamenti effettuati tra società che fanno parte dello stesso gruppo, ponendo l’accento sui finanziamenti erogati da chi detiene poteri di direzione e coordinamento, o da soggetti ad essi sottoposti, verso altre società del gruppo. Questa normativa è stata introdotta per limitare la possibilità che le imprese distribuiscano in modo non equo i rischi d’impresa all’interno del gruppo, specialmente in situazioni di sottocapitalizzazione, proteggendo così sia gli interessi dei creditori che quelli dei soci.

La norma cerca di prevenire situazioni in cui il finanziamento possa essere usato in modo strumentale per eludere le disposizioni sui conferimenti di capitale, configurandosi come un abuso a danno dei creditori. Per questo motivo, l’articolo 2467 del Codice civile viene applicato ai finanziamenti effettuati sia dalle società che esercitano un’attività di direzione e coordinamento, sia dalle cosiddette “società sorelle”, escludendo però quei finanziamenti erogati da soggetti sottoposti alla stessa attività di direzione e coordinamento della società finanziata. È importante notare che la norma si applica indipendentemente dalla qualità del finanziatore come socio della società finanziata, ampliando così il suo ambito di applicazione.

In ultima analisi, la regolamentazione dei finanziamenti dei soci nelle S.p.A. all’interno dello stesso gruppo evidenzia l’intento del legislatore di garantire pratiche finanziarie trasparenti e eque all’interno delle imprese, evitando manovre che potrebbero danneggiare i creditori o altri soci.

Tale equilibrio è fondamentale per il corretto funzionamento del mercato e per la fiducia nel sistema economico e finanziario. La chiarezza e l’applicabilità di queste norme sottolineano l’importanza di una gestione attenta e responsabile delle dinamiche finanziarie interne ai gruppi aziendali.

I VERSAMENTI DEI SOCI A TITOLO DI CONFERIMENTO

– 1) VERSAMENTI IN CONTO CAPITALE

I versamenti in conto capitale rappresentano una modalità attraverso la quale i soci di una società possono contribuire al suo patrimonio netto senza che ciò comporti un immediato obbligo di restituzione. Questi versamenti, effettuati volontariamente e al di fuori delle procedure standard per i conferimenti, non solo aumentano le risorse finanziarie a disposizione dell’azienda, ma lo fanno in modo tale da non alterare il valore nominale del capitale sociale.

Ciò significa che il capitale versato in questo modo può essere utilizzato per sostenere l’operatività e lo sviluppo aziendale senza modificare la struttura di capitale dichiarata nell’atto costitutivo, a meno che non venga presa una decisione assembleare specifica per reindirizzare tali fondi verso un aumento formale del capitale sociale.

Dal punto di vista pratico, i versamenti in conto capitale sono particolarmente apprezzati sia per i potenziali vantaggi fiscali associati, sia per la loro flessibilità come strumento finanziario a disposizione dei soci. Questi possono infatti decidere di utilizzare tali risorse per far fronte a esigenze specifiche dell’azienda, contribuendo così a rafforzare il capitale di rischio senza che ciò incida sulla distribuzione dei profitti o sulla struttura delle quote societarie. Una volta effettuati, i versamenti diventano parte del patrimonio aziendale sotto forma di riserve di capitale, distinguibili ma non separabili dal resto del patrimonio netto, salvo specifiche disposizioni che ne regolano l’uso e la distribuzione.

Tuttavia, è importante sottolineare che, a differenza di prestiti o finanziamenti esterni, i versamenti in conto capitale non creano un debito della società verso i soci. Questi ultimi, infatti, non hanno il diritto di richiedere la restituzione delle somme versate fino allo scioglimento della società e, anche in quel caso, solo dopo che tutte le passività siano state soddisfatte. In questo senso, i versamenti in conto capitale rappresentano un impegno a lungo termine per i soci, che riflette un investimento diretto nella stabilità e nella crescita futura dell’azienda, piuttosto che un semplice prestito di capitali.

– 2) VERSAMENTI IN CONTO E FUTURO AUMENTO DI CAPITALE

I versamenti in conto aumento di capitale rappresentano una pratica finanziaria di fondamentale importanza nelle dinamiche societarie, funzionando come strumenti di anticipazione finanziaria, utili a soddisfare le necessità immediate di capitale delle aziende. Questi versamenti, effettuati dai soci o da terzi interessati, si configurano come acconti sui futuri aumenti di capitale che la società intende realizzare. La loro finalità è quella di fornire alla società risorse finanziarie in tempi brevi, senza attendere il completamento delle procedure formali per l’aumento di capitale, che possono richiedere tempi più lunghi.

La distinzione tra versamenti in conto aumento e in conto futuro aumento di capitale è cruciale per comprendere il loro trattamento contabile e giuridico. Nel primo caso, i versamenti avvengono dopo la delibera di aumento ma prima dell’effettiva emissione delle nuove quote o azioni, con l’intento di anticipare i fondi necessari. Invece, i versamenti in conto futuro aumento di capitale avvengono prima della delibera di aumento, riflettendo una situazione di maggiore incertezza sulla realizzazione effettiva dell’aumento di capitale stesso. Questi ultimi, dunque, sono soggetti a specifici vincoli e condizioni per la loro trasformazione in conferimenti effettivi al patrimonio netto della società.

Le implicazioni di queste operazioni sono significative sia per la società che per i soci o terzi finanziatori. La questione degli anticipi versati dai soci per un futuro aumento di capitale in una società è un tema complesso che si intreccia strettamente con le normative civilistiche. Quando i soci apportano delle somme in vista di un aumento di capitale ancora non deliberato, si trovano in una posizione di anticipazione rispetto a un’operazione societaria non ancora concretizzata. Questo comporta che, qualora l’aumento di capitale non avvenga entro il termine stabilito, o non venga deliberato affatto, i soci hanno diritto alla restituzione di quanto anticipato. La base normativa per tale diritto alla restituzione si trova nelle norme che regolano l’indebito, ovvero la restituzione di quanto versato senza dovuta causa.

Inoltre, esiste la possibilità che le somme anticipate dai soci vengano successivamente riqualificate: possono essere considerate come contributi in conto capitali o come versamenti a fondo perduto. Questa riqualificazione permette che tali somme, inizialmente versate come anticipazione per un aumento di capitale non ancora realizzato, vengano “trasferite” nel patrimonio netto della società. Ciò può avere diverse implicazioni, inclusa la possibilità di utilizzare tali fondi per coprire eventuali perdite della società.

Nel caso in cui non sia stabilito un termine finale per l’effettuazione dell’aumento di capitale, si apre una situazione di incertezza per i soci che hanno versato gli anticipi. In questo contesto, si ritiene che i soci abbiano diritto alla restituzione delle somme versate entro un termine che si adatti alla natura dell’affare o agli usi commerciali consolidati. Tale interpretazione trova fondamento, in via analogica, nelle disposizioni dell’art. 1331 comma 2 del Codice civile, relativo all’opzione, e dell’art. 1326 comma 2, riguardante i termini di adempimento delle obbligazioni. Queste normative offrono un quadro di riferimento per la gestione delle somme anticipate in assenza di un termine definito per l’aumento di capitale, garantendo ai soci una tutela in caso di mancata realizzazione dell’operazione prevista.

– 3) VERSAMENTI A FONDO PERDUTO

I versamenti dei soci a titolo di conferimento rappresentano un elemento fondamentale nella gestione finanziaria delle società, soprattutto in quelle situazioni in cui il capitale sociale si rivela insufficiente per fronteggiare le esigenze operative e di sviluppo dell’impresa. Questi conferimenti, pur non essendo direttamente correlati all’acquisto di quote di partecipazione ulteriori, contribuiscono in modo significativo all’incremento del patrimonio netto della società, permettendo così di superare momenti di difficoltà finanziaria o di sostenere piani di espansione.

I versamenti a fondo perduto, in particolare, assumono una valenza strategica all’interno delle dinamiche societarie. Essi si configurano come apporti volontari da parte dei soci, senza che per questi ultimi sussista un diritto alla restituzione, se non in occasione dello scioglimento dell’ente e nei limiti dell’attivo disponibile dopo la soddisfazione dei creditori. Questo tipo di conferimenti evidenzia una volontà solidaristica tra i soci, i quali scelgono di rinforzare la struttura patrimoniale dell’impresa senza generare nuove obbligazioni verso l’esterno, contribuendo così alla stabilità e alla crescita della società.

I versamenti a fondo perduto rappresentano uno strumento finanziario fondamentale per le società, soprattutto in momenti di difficoltà economiche o quando si prevedono investimenti significativi per il futuro. Questi apporti, effettuati dai soci, hanno la caratteristica di non essere rimborsabili, differenziandosi quindi da prestiti o altre forme di finanziamento che prevedono una restituzione delle somme erogate. La loro principale finalità è quella di sostenere la società in periodi di crisi o di contribuire alla realizzazione di progetti di sviluppo, senza gravare ulteriormente sulle sue finanze con obblighi di restituzione.

La distinzione tra i versamenti effettuati per coprire perdite già manifestatesi e quelli proiettati verso il futuro è sottile ma fondamentale. Nel primo caso, la logica sottostante è quella di una reazione a situazioni negative già accertate, con una volontà implicita da parte del socio di rinunciare a qualsiasi diritto sulle somme versate. Nel secondo scenario, invece, l’assenza di perdite concrete richiede una chiara e inequivocabile manifestazione di volontà da parte del socio, che deve esplicitamente rinunciare a ogni pretesa sul capitale erogato. Questo passaggio è cruciale per garantire che tali somme non mantengano nessun legame con il socio erogante, evitando conseguenze legali o finanziarie indesiderate.

QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEI VERSAMENTI EFFETTUATI DAI SOCI

La qualificazione giuridica dei versamenti effettuati dai soci nelle società rappresenta una tematica di notevole complessità e rilevanza. La distinzione tra il conferimento di capitale di rischio e il finanziamento è cruciale, poiché determina diritti e obblighi diversi sia nei confronti della società che dei terzi creditori. La confusione spesso nasce dall’uso impreciso di termini e dalla mancanza di chiarezza nella documentazione ufficiale e nei bilanci. Questa ambiguità può essere strategicamente sfruttata dai soci, in collaborazione con gli amministratori, per adattarsi alle mutevoli condizioni economiche dell’impresa, oscillando tra la qualificazione dei versamenti come capitale di rischio o come prestiti.

La giurisprudenza ha sviluppato criteri interpretativi per affrontare questa problematica, ponendo l’accento sulla necessità di indagare la reale intenzione delle parti al momento del versamento. L’analisi non si limita alla mera denominazione contabile, ma si estende alle modalità pratiche del versamento, alle finalità perseguita e agli interessi sottostanti. Un elemento di particolare importanza è come il versamento viene rappresentato nel bilancio di esercizio: l’inserimento delle somme tra le voci di patrimonio netto e l’approvazione di tale inserimento da parte dei soci sono segnali forti della volontà di considerare tali somme come capitale di rischio.

IN CONCLUSIONE

La giurisprudenza tende a privilegiare la qualificazione dei versamenti come conferimenti di capitale, soprattutto in contesti di sottocapitalizzazione, al fine di sostenere la continuità aziendale.

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Questo approccio riflette una chiara preferenza per garantire la sopravvivenza dell’impresa, postergando il diritto alla restituzione dei versamenti fino alla liquidazione della società, a meno che non si decida diversamente con una delibera assembleare. La chiave per la corretta interpretazione di tali operazioni risiede quindi nell’intento manifestato dai soci e nella coerenza di questo intento con la documentazione ufficiale e le pratiche contabili.

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