TRUST O AFFIDAMENTO FIDUCIARIO? COSA CAMBIA DAVVERO

Data
08.12.2024
Matteo Rinaldi
Trust e contratto di Affidamento Fiduciario hanno finalità simili ma effetti giuridici diversi. Solo il Trust garantisce una segregazione reale e opponibile dei beni, trasferiti al Trustee con atto tracciabile e coerente. L’affidamento fiduciario, privo di effetti segregativi pieni, è più debole e facilmente contestabile. In ambiti complessi, fiscali o familiari, il Trust è lo strumento da preferire per protezione e continuità.
TRUST E AFFIDAMENTO FIDUCIARIO: DIFFERENZE, VANTAGGI E QUANDO USARLI
Chi possiede un patrimonio rilevante si trova, prima o poi, davanti a un bivio concreto: lasciare che siano gli eventi – o peggio, i tribunali – a determinare il futuro dei beni familiari, oppure definire oggi una struttura che li protegga in modo chiaro, opponibile e duraturo. Il Trust nasce proprio per questo: non come escamotage, ma come strumento giuridico preciso, che consente di separare la titolarità dei beni dalla loro destinazione, secondo una logica di amministrazione autonoma e finalità vincolate. Significa, in concreto, decidere oggi chi potrà godere di un immobile, di una rendita o di una partecipazione, e in quali condizioni, indipendentemente da ciò che accadrà nella vita personale, familiare o imprenditoriale del Disponente.
In presenza di figli minori, con disabilità, o eredi potenzialmente conflittuali, il Trust diventa spesso l’unica opzione realmente efficace per evitare errori irreversibili. A differenza di strumenti rigidi come il fondo patrimoniale o le donazioni dirette, un Trust correttamente strutturato consente di legare beni specifici a bisogni concreti, con un margine di personalizzazione che nessun altro istituto civile può offrire. Lo stesso vale per l’Affidamento Fiduciario, meno complesso ma adatto a finalità simili, purché gestito con rigore contrattuale e visione strategica.
Chi si limita a “intestare i beni” rischia di lasciare tutto esposto. Chi definisce oggi una struttura giuridica funzionale, invece, può garantire continuità, protezione e rispetto delle proprie volontà anche in scenari complessi.
IL TRUST COME STRUMENTO PER LA GESTIONE E PROTEZIONE PATRIMONIALE
Il Trust è una struttura giuridica che consente di separare la proprietà formale dei beni dal loro controllo effettivo, rendendoli destinabili secondo logiche patrimoniali precise e opponibili. Introdotto nel nostro ordinamento dopo la ratifica della Convenzione dell’Aja, ha trovato sempre più applicazione concreta in Italia, specialmente in ambito successorio, aziendale e familiare. Il Trust viene utilizzato per proteggere immobili e partecipazioni da creditori, pianificare passaggi generazionali, garantire risorse a soggetti fragili o prevenire conflitti tra eredi. Le sue finalità sono molteplici: dalla filantropia alla gestione di holding familiari, dalla tutela di soggetti disabili alla segregazione di asset personali.
Un caso frequente è il conferimento di azioni di una holding a un Trustee, con lo scopo di regolare il subentro dei figli in azienda solo al verificarsi di determinate condizioni. Altre situazioni ricorrenti riguardano l’utilizzo del Trust per proteggere una residenza da future pretese ereditarie, oppure per garantire il mantenimento di un figlio disabile, vincolando rendite e beni a spese documentate. In ogni caso, è essenziale ricordare che il Trust non può mai violare la legittima: i diritti minimi di coniuge e discendenti devono essere sempre rispettati, pena l’impugnabilità dell’atto.
L’efficacia del Trust non è automatica. Se il Trustee è solo un fiduciario passivo, o se il Disponente continua a esercitare un controllo occulto, il Trust rischia di essere considerato simulato o inesistente. In quel caso, i beni restano aggredibili, e il vincolo può essere annullato. Perché un Trust sia valido, i beni devono essere effettivamente trasferiti al Trustee, che deve amministrarli in autonomia, sulla base di uno scopo chiaro e documentabile. È la sostanza a produrre l’effetto segregativo, non la forma esteriore.
La crescente popolarità del Trust in Italia riflette una maturazione culturale: le famiglie patrimoniali iniziano a preferire strumenti strutturati e durevoli a favore di soluzioni personalizzate, trasparenti e legalmente solide. Ma proprio questa diffusione ha generato anche usi impropri, spesso spinti da consulenti che propongono Trust standardizzati, talvolta persino a fini elusivi. È invece uno strumento chirurgico, che richiede una progettazione su misura, altrimenti può trasformarsi in un boomerang. La scelta del Trustee, la redazione dell’atto, la tracciabilità dei flussi, la logica di destinazione: ogni elemento deve essere coerente e sorvegliato. Solo così il Trust garantisce davvero ciò che promette.
COME FUNZIONA IL TRUST: 10 PASSAGGI PER CAPIRE A COSA SERVE
Per costruire un Trust realmente efficace, ogni fase va eseguita con precisione giuridica e coerenza sostanziale. Sono dieci, in particolare, i passaggi fondamentali che danno forma a una protezione patrimoniale concreta, valida e opponibile. Si parte dall’istituzione: il Disponente definisce lo scopo del Trust e individua i beni da vincolare, che possono comprendere immobili, strumenti finanziari, partecipazioni societarie, opere d’arte o liquidità. Questo atto iniziale è la base per fissare la volontà giuridicamente vincolante alla quale tutti i soggetti coinvolti dovranno attenersi.
Il secondo snodo è la nomina del Trustee, soggetto terzo incaricato di amministrare i beni secondo le regole previste. Può essere una persona fisica o una fiduciaria professionale, ma in entrambi i casi deve operare con autonomia e responsabilità.
Il terzo passaggio è la definizione dei Beneficiari, che possono essere nominati in modo espresso oppure individuabili attraverso criteri oggettivi (età, grado di parentela, condizioni personali). In quest’ultimo caso, la designazione può essere affidata a un soggetto terzo, garantendo flessibilità operativa senza compromettere la struttura.
Un punto cruciale è la facoltà di nominare un Protector, figura indipendente che vigila sull’operato del Trustee, autorizza atti strategici e interviene in caso di deviazioni rispetto allo scopo originario.
Il quinto momento operativo è il trasferimento dei beni. Senza questo passaggio, il Trust non esiste: i beni devono uscire formalmente dal patrimonio del Disponente ed essere intestati al Trustee. Solo così si attiva l’effetto segregativo.
Il Trustee acquisisce quindi la proprietà legale dei beni, ma non ne beneficia personalmente: può solo gestirli secondo quanto previsto nell’atto istitutivo. È questa separazione – netta, documentata, opponibile – a garantire la protezione patrimoniale.
A questo punto, i beni non sono più aggredibili dai creditori del Disponente, salvo il caso di atti fraudolenti o revocabili. Non rientrano nella successione ereditaria né nella comunione legale con il coniuge.
Anche il patrimonio personale del Trustee resta separato, e gli eventuali debiti o rischi della sua sfera privata non interferiscono con i beni in Trust.
Un ulteriore elemento fondamentale è la chiarezza dell’atto istitutivo: deve essere scritto in modo limpido, senza ambiguità, evitando clausole che lascino trasparire un controllo occulto del Disponente o un ruolo meramente fiduciario del Trustee.
Il decimo e ultimo passaggio è la coerenza complessiva della struttura. Ogni elemento – volontà, atti, soggetti, vincoli, flussi – deve dimostrare che il Trust non è una finzione ma uno strumento sostanziale, valido, tracciabile e conforme allo scopo indicato.
Un Trust costruito in questo modo garantisce non solo la protezione patrimoniale, ma anche la continuità strategica delle volontà familiari, aziendali o successorie. La differenza sta nei dettagli: quando sono scritti correttamente, nessuno può modificarli.
I POSSIBILI UTILIZZI DEL TRUST
Il Trust è uno strumento trasversale, che può essere applicato in contesti familiari, aziendali, successori e anche in operazioni finanziarie ad alta complessità. La sua forza risiede nella capacità di adattarsi a situazioni patrimoniali molto diverse tra loro, mantenendo costante l’effetto di segregazione giuridica e la possibilità di personalizzare ogni clausola secondo gli obiettivi reali del Disponente. L’impiego più noto riguarda la protezione da aggressioni esterne: beni trasferiti in Trust non sono più aggredibili dai creditori personali del Disponente, salvo in caso di atti simulati o revocabili. Allo stesso tempo, sono sottratti ai rischi legati alla successione, ai divorzi, agli eredi conflittuali o alle incapacità future dei beneficiari.
Ma la protezione patrimoniale è solo una parte dell’efficacia del Trust. Nei passaggi generazionali, ad esempio, consente di regolare in anticipo chi riceverà un’azienda, un immobile o una partecipazione, e a quali condizioni. È possibile legare l’accesso a un patrimonio a requisiti oggettivi (età, studio, condotta) o prevedere che i frutti vengano erogati in modo graduale e condizionato. In caso di figli minori o soggetti incapaci, il Trust permette di vincolare i beni a loro favore senza dover ricorrere a soluzioni giudiziarie, come il giudice tutelare, spesso lente e impersonali. Tutto questo, restando in piena conformità con le norme civili, fiscali e successorie.
Anche nei gruppi societari complessi, il Trust può intervenire come veicolo di coordinamento tra più soci o famiglie, attribuendo al Trustee la gestione delle partecipazioni con istruzioni vincolanti. In alcuni casi, consente di neutralizzare stalli decisionali, garantire stabilità nei patti parasociali o sostenere esigenze transitorie come liquidazioni, cessioni, garanzie o riorganizzazioni. È uno strumento ad alta densità giuridica, che sostituisce logiche familiari disorganiche con una regia contrattuale che resiste nel tempo. Non impone regole standard, ma crea condizioni precise, scritte e opponibili. Proprio per questo, non si improvvisa.
IL TRUST DI PROTEZIONE DEL PATRIMONIO
In un contesto in cui l’esposizione patrimoniale è sempre più frequente — tra responsabilità imprenditoriali, contenziosi familiari e crisi cicliche — il Trust diventa uno strumento strategico per isolare i beni senza eluderne la titolarità né violare la legge. A differenza di intestazioni simulate, donazioni parziali o fondi patrimoniali inefficaci, il Trust consente di vincolare risorse a uno scopo preciso, creando una barriera giuridica attorno a immobili, liquidità o partecipazioni che non vengono più considerati parte del patrimonio personale del Disponente. La segregazione non è assoluta, ma può ridurre l’aggressione esterna, se il Trust è costruito nel rispetto delle norme sostanziali e dei principi di meritevolezza.
L’art. 2740 c.c. prevede che il debitore risponda con tutti i suoi beni, ma non impedisce che alcuni di essi siano formalmente e legittimamente destinati a finalità estranee alla garanzia generica. È il caso, ad esempio, di un Trust istituito da una coppia non sposata per destinare una casa al sostegno dei bisogni familiari: simile al fondo patrimoniale ex art. 167, ma privo delle sue rigidità e dotato di maggiore controllo. Oppure quello di un genitore anziano che vuole proteggere la casa familiare per garantirne l’uso ai figli minori, escludendo che venga coinvolta in future pretese di terzi. Se il Trust viene istituito quando ancora non esistono esposizioni, e se l’atto è coerente, tracciabile e privo di intenti simulatori, la sua validità regge anche in sede giudiziaria.
Ciò che va evitato è l’uso distorto dello strumento: un Trust non può essere impiegato per sottrarre beni a creditori già noti, né per sfuggire a responsabilità certe o prevedibili. L’art. 2901 c.c. consente ai creditori di agire in revocatoria quando l’atto ha natura fraudolenta o pregiudizievole. In questi casi, il Trust viene annullato e i beni tornano ad essere pignorabili. Per questo, la differenza sta nel tempismo, nella coerenza logica e nella tracciabilità formale. Un Trust ben costruito, istituito in tempo e per scopi legittimi, può offrire una protezione concreta, opponibile e durevole. Uno strumento utile non per nascondere, ma per pianificare con lucidità ciò che va separato dal rischio.
TUTELA PATRIMONIALE: FONDO PATRIMONIALE E TRUST
Il Fondo Patrimoniale è uno strumento previsto dal Codice Civile che consente ai coniugi di vincolare determinati beni – immobili, mobili registrati o titoli di credito – alla soddisfazione dei bisogni della famiglia. La protezione che ne deriva è parziale: i beni non possono essere aggrediti per obbligazioni estranee alla funzione familiare, ma restano vulnerabili in caso di contestazioni sulla natura del debito o sul momento della sua insorgenza. Inoltre, il vincolo è legato al matrimonio: si scioglie automaticamente in caso di divorzio o separazione, salvo la presenza di figli minori, e non è applicabile a coppie non coniugate, né consente l’intestazione fiduciaria a soggetti terzi.
Proprio per questi limiti strutturali, nelle famiglie patrimoniali il Fondo viene ormai affiancato o sostituito da strumenti più solidi e flessibili. Il Trust, ad esempio, consente di raggiungere finalità simili ma senza dipendere dallo stato civile dei soggetti coinvolti, né dal tipo di bene vincolato. È possibile intestare beni a un Trustee – anche autodichiarato – e destinarli alla protezione di figli, conviventi o soggetti incapaci, fissando regole specifiche sulla loro fruizione, gestione e destinazione futura. Il tutto con effetto segregativo pieno, purché i trasferimenti siano reali, l’atto coerente, e l’amministrazione indipendente.
Un’ulteriore alternativa è il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., che consente di annotare nei registri immobiliari o mobiliari l’assegnazione di uno o più beni a un determinato scopo, familiare o assistenziale. Sebbene non abbia la profondità operativa del Trust, può essere efficace in contesti statici o per proteggere asset singoli, come un’abitazione da destinare a un figlio con disabilità.
La scelta tra Fondo Patrimoniale, Trust e Vincolo di Destinazione non è questione formale, ma strategica. Chi ha beni da proteggere deve valutare cosa accade se il matrimonio si scioglie, se uno dei membri è esposto professionalmente, o se occorre garantire un figlio in modo condizionato nel tempo. Solo il Trust permette di rispondere a queste esigenze senza subire i limiti imposti dal vincolo coniugale o dalle restrizioni oggettive del fondo. Per questo, la protezione patrimoniale efficace oggi passa da strumenti interamente riscrivibili, vincolanti e opponibili, non da modelli predefiniti.
IL TRUST NEL PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO
Nei procedimenti di separazione e divorzio, la gestione dei beni comuni è spesso terreno di conflitto. Intestare un immobile a un figlio minorenne, vincolare liquidità a spese future o garantire l’uso di una casa al coniuge affidatario richiede soluzioni che vadano oltre la semplice proprietà formale. Il Trust, in questo contesto, diventa uno strumento operativo concreto, capace di fissare regole patrimoniali stabili anche in presenza di tensioni personali o incertezze future. Il bene può essere conferito a un Trustee con l’obbligo di destinarlo a un figlio solo al raggiungimento di una determinata età, o di consentirne l’uso solo per finalità familiari documentate. Questo consente di evitare intestazioni premature, alienazioni indesiderate o interferenze da parte di terzi, inclusi nuovi partner, creditori o eredi sopravvenuti.
In molte situazioni, un Trust autodichiarato consente a un genitore di proteggere un bene immobiliare senza perderne la disponibilità, ma vincolandolo a regole precise, scritte, opponibili e non revocabili unilateralmente. In caso di decesso, il Trustee prosegue la gestione fino al trasferimento al beneficiario, garantendo la continuità della volontà familiare anche in assenza del Disponente. In alternativa, un Trust istituito di comune accordo tra i due ex coniugi può diventare il veicolo neutro per proteggere i figli, evitando che le tensioni personali si riflettano sul patrimonio. L’effetto pratico non è solo la segregazione, ma l’eliminazione del rischio di contenziosi successivi.
In ambito familiare disgregato, il Trust non è una soluzione astratta, ma una forma di regia stabile, che consente di definire ora ciò che altrimenti verrebbe deciso da un giudice o lasciato alla prassi bancaria o immobiliare. È la differenza tra subire il caos della frammentazione e progettare un vincolo chiaro, verificabile e duraturo.
IL TRUST NELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA
Nel contesto imprenditoriale, il Trust assume una funzione tecnica ad alta utilità strategica: risolvere stalli decisionali tra soci, garantire la neutralità nella gestione dei diritti societari e tutelare il patrimonio aziendale da conflitti familiari o operativi. In presenza di una holding familiare o di una società con partecipazioni condivise, il conferimento delle quote in un Trust consente di affidare al Trustee la gestione dei diritti di voto, la convocazione delle assemblee, la distribuzione dei dividendi e l’applicazione di eventuali penali o clausole statutarie in caso di inadempienza. Questo evita la paralisi decisionale, riduce il rischio di contenziosi e assicura continuità operativa anche in assenza di accordo tra i soci.
Un Trust professionale, strutturato su base statutaria, può affiancarsi a un patto di sindacato esistente o sostituirsi a esso in situazioni in cui non vi sia equilibrio tra i firmatari. In caso di conflitto, è il Trustee – soggetto neutro – a gestire gli eventi assembleari, nel rispetto degli scopi stabiliti. Questo approccio consente di proteggere l’impresa da derive interne, mantenendo intatto il valore economico, il controllo e la reputazione aziendale anche in momenti di transizione.
Il Trust, in ambito societario, non è un’alternativa alla governance: è una sovrastruttura regolativa, utile quando i soci non sono allineati o quando si vuole prevedere ex ante il comportamento in caso di crisi. La sua efficacia dipende dalla chiarezza delle regole iniziali, dalla qualità del Trustee e dalla capacità di adattare il vincolo agli interessi aziendali, senza indebolire la struttura ma rafforzandone la tenuta. Dove lo statuto si ferma, il Trust continua.
PASSAGGIO GENERAZIONALE: COME PIANIFICARLO NELLE FAMIGLIE EVOLUTE
Quando il patrimonio include aziende, immobili di pregio o partecipazioni societarie, il passaggio generazionale non può essere lasciato a formule standard. Il Trust si rivela uno degli strumenti più precisi per pianificare con anticipo la trasmissione del comando e la tutela delle quote, evitando che siano la successione legittima o i contrasti tra eredi a determinare il futuro dell’impresa. Nelle famiglie evolute, la trasparenza nella scelta del successore e la tutela dei legittimari possono coesistere se il Trust è strutturato in modo conforme alla normativa italiana, con rispetto integrale delle quote di legittima.
Il Trust permette di assegnare il controllo a chi ha competenze e visione, distinguendo tra titolarità economica e gestione strategica. In caso di figli con attitudini diverse o visioni inconciliabili, è possibile stabilire chi assume il comando operativo, chi percepisce dividendi, chi può accedere al patrimonio e in che tempi. Il tutto in modo vincolante, documentato, opponibile. Un esempio avanzato è l’integrazione tra Trust e Patto di Famiglia ex artt. 768-bis e ss. c.c.: il primo garantisce segregazione e regia, il secondo legittima la rinuncia di alcuni eredi al comando, in cambio di compensazioni economiche. Così si evitano impugnazioni postume e si consolida la continuità dell’impresa.
In alternativa, il Trust può operare anche senza Patto di Famiglia, a condizione che i beneficiari siano ben individuati e le volontà del Disponente rispettino la proporzione ereditaria. La flessibilità nella definizione di tempi, ruoli e regole consente di scrivere oggi ciò che dovrà accadere domani, proteggendo la struttura anche da possibili crisi familiari, separazioni o eventi imprevedibili. È la differenza tra lasciare un’eredità caotica e trasmettere un sistema organizzato, stabile e coerente con il disegno familiare.
TRUST E SOGGETTI INCAPACI
La gestione del patrimonio di un soggetto incapace comporta spesso procedure lente, conflittuali e soggette all’intervento costante del giudice tutelare. Il Trust consente di anticipare questi scenari, istituendo una struttura giuridica che garantisca l’uso esclusivo dei beni a favore dell’incapace, secondo criteri stabiliti dal Disponente e supervisionati dal Trustee. Non si tratta di aggirare la legge, ma di evitarne i limiti operativi: il Trust permette di allocare risorse, gestire immobili o percepire rendite in modo vincolato, senza dover attendere provvedimenti esterni per ogni decisione.
Questo è particolarmente rilevante nei casi in cui l’incapacità sia prevedibile (malattia degenerativa, disabilità grave) o già conclamata, ma si desideri mantenere coerenza tra la volontà familiare e la destinazione dei beni. Il Trust può prevedere clausole per la vendita di immobili, la destinazione dei flussi finanziari, la copertura delle spese mediche o assistenziali, e persino per il subentro automatico di nuovi beneficiari alla morte dell’incapace. È il Disponente a fissare le regole, ma è il Trustee – con eventuale controllo del Protector – a garantirne l’applicazione concreta e documentabile.
Così facendo, si evita che il patrimonio finisca sotto amministrazione passiva, esposto a rischi di negligenza, interessi confliggenti o gestione frammentaria. Il Trust, se ben redatto, realizza una forma di tutela patrimoniale continuativa, efficace, verificabile. E, soprattutto, assicura che le volontà familiari siano rispettate anche quando nessuno sarà più in grado di rappresentarle.
L’ESCROW ACCOUNT NEL TRUST: COME GARANTIRE LE TRANSAZIONI
In operazioni complesse – dalla cessione di partecipazioni all’acquisto di immobili, fino alle transazioni straordinarie tra società – la tutela degli interessi reciproci richiede una gestione tecnica e neutrale delle somme in gioco. Il Trust, in questi contesti, può fungere da contenitore giuridico per un Escrow Account, ossia un conto vincolato intestato a un soggetto terzo incaricato di custodire fondi fino al verificarsi di determinate condizioni contrattuali. L’obiettivo è evitare che le parti eseguano obbligazioni in modo asimmetrico, garantendo che i pagamenti avvengano solo al momento previsto.
Il Trustee, quando nominato per la funzione di Escrow Holder, opera secondo precise istruzioni contenute nell’atto istitutivo o in un accordo parallelo, assumendo la responsabilità di custodire le somme e rilasciarle solo al soddisfacimento di condizioni oggettive: firma notarile, trascrizione, accreditamento titoli, certificazioni urbanistiche, liberatorie, o qualsiasi altro presupposto concordato. Questo evita anticipazioni rischiose, contestazioni postume o insolvenze, soprattutto quando le controparti non si conoscono o operano in giurisdizioni diverse.
A differenza di un normale conto corrente intestato a uno studio o a una società fiduciaria, un Escrow in Trust è assistito da effetto segregativo: le somme sono tecnicamente escluse dal patrimonio del Trustee, non aggredibili da suoi eventuali creditori, né coinvolgibili in procedimenti esecutivi o concorsuali. La protezione giuridica è piena, anche in caso di controversie tra le parti contrattuali, fallimento di uno dei soggetti coinvolti o morte del disponente.
Questo utilizzo non riguarda solo la fase esecutiva delle transazioni. Un Escrow Trust può essere predisposto anche nella fase iniziale delle trattative, per formalizzare il deposito cauzionale, regolare l’ingresso di un investitore, garantire l’esclusiva o vincolare fondi destinati a operazioni future. La condizione essenziale è che il Trustee sia terzo, professionale, vincolato da un mandato chiaro e formalmente documentato. Solo così l’Escrow assume piena validità e tutela operativa.
Il Trust applicato come Escrow Account costituisce oggi una best practice nelle operazioni dove è essenziale che le somme siano davvero separate, neutre e impiegate solo a esito verificato. Una protezione concreta, non solo apparente.
COME FUNZIONA DAVVERO IL TRUST: STRUTTURA, BENI, RUOLI E SEPARAZIONE
Il Trust è un istituto di derivazione anglosassone introdotto nell’ordinamento italiano attraverso la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, in vigore dal 1992. Benché inizialmente percepito come estraneo al diritto civile, ha acquisito una funzione strategica nella protezione patrimoniale, nella pianificazione successoria e nella segregazione fiduciaria di beni complessi. Oggi è uno strumento riconosciuto e utilizzato anche in Italia, purché l’atto istitutivo sia conforme alle regole di opponibilità, con finalità lecite e meritevoli di tutela.
La struttura del Trust si basa su un vincolo che trasferisce la titolarità formale dei beni dal Disponente (settlor) al Trustee, vincolandoli a determinati scopi e separandoli dal patrimonio personale sia del disponente sia del trustee stesso. Il Trustee amministra i beni secondo quanto stabilito nell’atto, con obblighi precisi e poteri limitati. I Beneficiari sono i soggetti designati a ricevere vantaggi dal Trust, immediatamente o al verificarsi di condizioni future. In alcuni casi, è previsto un Protector, con funzioni di controllo sull’operato del Trustee, inclusa la facoltà di rimuoverlo o modificarne i poteri.
Nel Trust autodichiarato, sempre più diffuso nella prassi italiana, il Disponente e il Trustee coincidono: la segregazione è efficace solo se il vincolo è reale, documentato e rispettoso dei requisiti sostanziali, non meramente formali. Per questo, ogni incoerenza tra l’atto scritto e la condotta concreta può vanificare gli effetti di protezione.
I beni conferibili in Trust possono includere partecipazioni societarie, immobili, denaro, strumenti finanziari, aziende, opere d’arte, lingotti o beni mobili registrati. L’unico requisito è che siano identificabili e giuridicamente trasferibili. Tuttavia, la protezione patrimoniale esiste solo se il passaggio dei beni è tracciabile, formalizzato, accettato dal Trustee e pubblicamente opponibile ove richiesto (come per immobili o quote societarie). In assenza di tale effettività, non si genera alcuna separazione né tutela concreta.
La scelta del Trustee è centrale: deve trattarsi di un soggetto affidabile, competente, autonomo e privo di conflitti. Il ruolo richiede capacità tecnico-giuridica e patrimoniale, poiché l’intera operatività del Trust dipende dalla sua gestione corretta. In ordinamenti come quello italiano, con tempi giudiziari lunghi e giurisprudenza eterogenea, l’efficacia del Trust si gioca sull’accuratezza dell’atto istitutivo e sulla credibilità di chi ne detiene il comando operativo. La segregazione non si improvvisa: si struttura, si rende opponibile, si difende nel tempo.
FISCALITÀ DEL TRUST: ALIQUOTE, BASE IMPONIBILE E STRATEGIE
Il Decreto Legislativo 18 settembre 2024, n. 139 ha ridefinito l’imposizione fiscale sui Trust, modificando l’art. 4-bis del D.Lgs. 346/1990. L’imposta sulle successioni e donazioni non colpisce più l’atto istitutivo né l’apporto dei beni al trust, ma solo il trasferimento finale ai beneficiari. Di conseguenza, l’atto istitutivo e gli apporti sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa (200 euro), rendendo fiscalmente neutra la costituzione del trust fino all’effettiva attribuzione del patrimonio.
La scelta tra tassazione “in entrata” e “in uscita” dipende dalla determinabilità immediata dei beneficiari: se indicati con chiarezza, è possibile anticipare la tassazione al momento dell’apporto; in caso contrario, l’imposta si applica solo al trasferimento finale.
Le aliquote sono quelle previste per le successioni e donazioni:
- 4% oltre 1 milione per ciascun beneficiario in linea retta;
- 6% oltre 100.000 euro per fratelli e sorelle;
- 8% senza franchigia per altri soggetti;
- 8% per trust di scopo, salvo esenzioni per finalità meritevoli;
- 4% oltre 1,5 milioni per beneficiari con disabilità grave (L. 104/1992).
La base imponibile varia in funzione della natura del bene trasferito:
- Immobili: valore catastale, più imposte ipotecaria e catastale (totale 3%);
- Partecipazioni societarie: patrimonio netto contabile (più favorevole del valore di mercato);
- Aziende e partecipazioni di controllo: esenti se trasferite tra coniugi/genitori e figli e conservate per almeno 5 anni (art. 3, co. 4-ter, D.Lgs. 346/1990);
- Strumenti finanziari, liquidità, beni mobili: tassazione sul valore di mercato.
La fiscalità del trust richiede coerenza tra struttura giuridica, beneficiari e composizione del patrimonio. L’errata qualificazione del trust, l’inadeguata individuazione dei beneficiari o la mancata continuità gestionale nei casi di agevolazione possono determinare doppia imposizione o perdita di benefici. È quindi indispensabile definire una pianificazione fiscale dettagliata già in sede di redazione dell’atto istitutivo.
TASSAZIONE DEI REDDITI NEL TRUST: TRASPARENTE, OPACO E MISTO
Nel Trust, i beni conferiti sono segregati: non fanno parte del patrimonio del Trustee e sono destinati esclusivamente allo scopo previsto dal disponente. Questa separazione patrimoniale, riconosciuta dalla prassi e dalla giurisprudenza nazionale, comporta effetti fiscali differenziati a seconda della configurazione del trust e della tracciabilità dei beneficiari. La normativa vigente distingue due modelli principali: trust trasparente e trust opaco. A questi si aggiungono configurazioni ibride, che richiedono particolare rigore nella rendicontazione.
Nel trust trasparente, i redditi prodotti vengono attribuiti per trasparenza ai beneficiari identificati, anche se non percepiti. La tassazione avviene in capo ai beneficiari, i quali devono dichiarare i redditi per competenza. Questo implica l’obbligo di integrare correttamente la dichiarazione dei redditi personale con quanto imputato dal trustee, sulla base di un rendiconto dettagliato. I redditi imputati, se già soggetti a ritenute o imposte sostitutive, possono essere esenti da ulteriori tassazioni per evitare duplicazioni. La gestione trasparente consente vantaggi di programmazione ma richiede una documentazione contabile impeccabile.
Nel trust opaco, i beneficiari non sono identificabili oppure i redditi non vengono attribuiti. In questo caso, il trust è soggetto autonomo ai fini IRES, come previsto dalle disposizioni in materia di enti. I redditi restano all’interno della struttura e sono tassati nella dichiarazione del trust, con aliquota ordinaria. Il trustee ha l’obbligo di redigere un bilancio analitico, separato dal proprio patrimonio personale, per assicurare la corretta imputazione fiscale. Questo modello permette di mantenere all’interno del trust eventuali utili, rinviando decisioni di attribuzione futura.
Alcune architetture prevedono una combinazione dei due modelli. Il Trust può essere trasparente per una parte dei redditi, già destinati a beneficiari determinati, e opaco per quelli non ancora attribuiti. In tali casi è indispensabile distinguere con precisione le fonti di reddito e garantire la coerenza delle scritture. Le autorità fiscali esigono che l’amministrazione del Trust consenta la separazione effettiva tra le porzioni tassate ai beneficiari e quelle imputate alla struttura. L’uso ibrido offre flessibilità ma richiede competenze tecniche e tracciabilità costante.
La corretta gestione fiscale del Trust – sia esso trasparente, opaco o misto – è oggi sottoposta a un regime di vigilanza rafforzato. Il trustee ha l’onere di garantire la conformità normativa, fornendo ai beneficiari (e all’Agenzia delle Entrate, se richiesto) rendiconti completi, cronologie documentali, e dimostrazione della coerenza tra le disposizioni dell’atto istitutivo e la gestione operativa. Una pianificazione anticipata, costruita su criteri di legalità e precisione tecnica, consente di sfruttare pienamente le potenzialità del trust senza incorrere in sanzioni, contestazioni o inefficienze tributarie.
OBBLIGHI FISCALI E RENDICONTAZIONE DEL TRUST
Qualunque sia la configurazione del Trust (trasparente, opaco o ibrido), il trustee è soggetto a precisi obblighi fiscali, che includono la tenuta della contabilità, la dichiarazione dei redditi, l’attribuzione corretta dei flussi e l’assolvimento delle imposte. La gestione fiscale deve riflettere fedelmente la struttura giuridica e le scelte operative compiute nell’atto istitutivo.
Il Trust deve disporre di un codice fiscale proprio, da utilizzare per ogni adempimento. Se esercita attività rilevanti ai fini IVA (ad es. gestione immobiliare attiva), è tenuto all’apertura della partita IVA e al rispetto dei conseguenti obblighi formali: fatturazione, liquidazioni, versamenti.
Sul piano dichiarativo, i Trust trasparenti imputano i redditi ai beneficiari per competenza, indipendentemente dalla percezione effettiva. In tal caso, la rendicontazione deve consentire la tracciabilità delle attribuzioni e delle eventuali ritenute già subite (es. su strumenti finanziari), per evitare duplicazioni d’imposta. I Trust opachi, invece, sono soggetti IRES al 24%, e dichiarano il reddito in proprio, sulla base della natura delle attività svolte.
In ogni caso, il Trustee deve mantenere una contabilità separata e redigere una documentazione dettagliata che consenta la piena ricostruzione delle operazioni. La Legge di Bilancio 2023 ha rafforzato i presìdi sanzionatori in caso di omissioni, carenze nella rendicontazione o errori nella qualificazione dei redditi.
In presenza di un Trust ibrido, che cumula redditi attribuibili e redditi trattenuti, la distinzione deve risultare inequivocabile sia nei registri che nella dichiarazione. Un impianto documentale chiaro non è solo una garanzia di conformità, ma costituisce anche una prova fondamentale in caso di verifica o contenzioso.
Una corretta applicazione delle regole fiscali richiede, fin dalla costituzione del Trust, una pianificazione tecnica calibrata sugli obiettivi del disponente, la natura dei beni, il profilo dei beneficiari e l’orizzonte temporale delle attribuzioni.
APPROFONDIMENTI
CONCLUSIONI: COSA DEVE FARE CHI VUOLE USARE IL TRUST SENZA ERRORI
L’utilizzo del Trust in Italia non è una questione teorica né un’opzione generica tra gli strumenti di tutela. È una decisione che incide direttamente sulla protezione patrimoniale, sulla pianificazione ereditaria e sulla gestione fiscale di beni rilevanti. Ma come ogni struttura giuridica ad alta efficacia, richiede metodo, precisione e coerenza. L’epoca dei modelli standard o delle soluzioni precompilate è superata. Le autorità fiscali, i notai, gli eredi e persino i creditori sono oggi in grado di smontare con facilità Trust mal costruiti, privi di effetto segregativo o con ruoli mal definiti. Le normative attuali, sia in ambito successorio sia fiscale, richiedono una progettazione integrata che tenga conto della posizione del disponente, della natura dei beni e degli scenari familiari futuri.
Non esiste un Trust valido in astratto. Esiste solo un Trust scritto su misura, compatibile con le esigenze concrete del patrimonio e della famiglia. Questo richiede un atto istitutivo rigoroso, un’analisi preventiva delle implicazioni civilistiche e fiscali, e una struttura che tenga conto dei rischi reali: eredi conflittuali, contenziosi, esposizioni bancarie, incapacità sopravvenute o riforme normative.
Ogni parte dell’impianto deve essere verificabile e coerente: il trasferimento formale e opponibile dei beni, il ruolo del Trustee, l’identità dei beneficiari, le regole sulla revoca e il potere di controllo. Solo così il Trust diventa uno strumento efficace, non una costruzione debole destinata a essere annullata. La protezione patrimoniale reale si scrive: non si improvvisa.
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PROTEGGIAMO IL TUO PATRIMONIO CON UNA CONSULENZA GLOBALE E SU MISURA
In un contesto globale dove i rischi patrimoniali sono sempre più sofisticati, tutelare il proprio patrimonio non è più un’opzione, ma una responsabilità strategica. Una pianificazione patrimoniale evoluta consente non solo di proteggere gli asset da minacce esterne, ma anche di ottimizzare la fiscalità e garantire continuità familiare e controllo intergenerazionale.
Matteo Rinaldi, advisor patrimoniale con Master in Avvocato d’Affari e specializzazione in Family Office, è riconosciuto in Italia per la sua creatività giuridica nella progettazione di strutture evolute. Con base a Milano, uno dei principali centri finanziari europei, affianca imprenditori e famiglie complesse con una visione globale e soluzioni su misura.
La consulenza, sempre riservata e su incarico diretto, si rivolge a chi gestisce patrimoni rilevanti e desidera una regia strategica completa: dalla protezione degli asset alla pianificazione successoria, fino all’ottimizzazione internazionale. Ogni progetto inizia con un’analisi approfondita per identificare vulnerabilità, migliorare l’efficienza fiscale e rafforzare la governance patrimoniale.
🛡️ Protezione patrimoniale – Creazione di strutture giuridiche solide per segregare gli asset, ridurre l’esposizione e ottimizzare la fiscalità.
🛡️ Passaggio generazionale – Trasferimento ordinato del patrimonio con governance efficace, evitando conflitti familiari.
🛡️ Espansione internazionale – Strutturazione fiscale e societaria per proteggere e sviluppare asset in più giurisdizioni, mantenendo pieno controllo.
IL VALORE DELLA NOSTRA CONSULENZA
Non offriamo soluzioni standard. Offriamo una consulenza patrimoniale su misura, pensata per chi ha responsabilità complesse e una visione di lungo termine.
Con un approccio integrato che unisce diritto, fiscalità e strategia, Matteo Rinaldi affianca famiglie e imprenditori nella costruzione di strutture sicure, efficienti e coerenti con la loro identità. Ogni decisione è ponderata, ogni scelta è parte di un disegno più ampio.
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