TRUST E AFFIDAMENTO FIDUCIARIO: ANALISI DEGLI ISTITUTI
Data
08.12.2024
Matteo Rinaldi
Scopri le differenze tra il Trust e il Contratto di Affidamento Fiduciario: due potenti strumenti per la gestione e protezione del patrimonio. Pur condividendo lo stesso scopo, ciascuno di essi si basa su principi e modalità operative distinti, che vale la pena esplorare per comprendere quale possa rispondere meglio alle tue esigenze. Un’analisi che ti guiderà nel mondo della pianificazione patrimoniale, offrendo chiarimenti e spunti utili.
TRUST E AFFIDAMENTO FIDUCIARIO: ANALISI E SOLUZIONI
Il Trust è uno strumento giuridico potente e versatile che consente di amministrare il patrimonio con la stessa autonomia di un proprietario legale, ma con scopi ben definiti e leciti. Che tu voglia tutelare i tuoi beni per i tuoi eredi, riservare vantaggi per i tuoi familiari o raggiungere obiettivi specifici, il Trust offre una soluzione flessibile e sicura per la gestione patrimoniale.
Nel caso di eventi particolari come la morte del disponente o il raggiungimento di traguardi importanti (matrimonio, laurea, maggiore età), il Trust permette di destinare beni a specifici beneficiari, tutelandone gli interessi. Inoltre, il Contratto di Affidamento Fiduciario offre una gestione mirata e una destinazione patrimoniale precisa, assicurando che i beni vengano affidati a uno o più beneficiari secondo un piano stabilito.
Se desideri scoprire come queste soluzioni possono ottimizzare la protezione e la gestione del tuo patrimonio, leggi l’articolo completo per conoscere tutti i vantaggi, le opportunità e le implicazioni di questi strumenti giuridici. Con la giusta consulenza, Trust e Affidamento Fiduciario possono diventare risorse strategiche per il futuro della tua famiglia e dei tuoi beni.
IL TRUST
Il Trust è uno strumento giuridico con radici storiche nel diritto anglosassone, utilizzato per la gestione e la protezione dei patrimoni. Negli ultimi anni, ha guadagnato popolarità anche in Italia, soprattutto tra politici, industriali e sportivi.
Ma perché il Trust, così efficace nei paesi anglosassoni, è stato trascurato in Italia fino a tempi recenti? E perché ora sta attirando sempre più attenzione?
Il successo del Trust risiede nella sua versatilità e nell’efficienza con cui può essere applicato in diverse situazioni. Consente a un soggetto, il Settlor (o Disponente), di affidare la proprietà e la gestione di un bene a un altro soggetto, il Trustee, che lo utilizza nell’interesse dei beneficiari indicati dal Settlor. I Trust sono “strutture aperte”, flessibili e in grado di accogliere vari tipi di contenuti, nel rispetto dei principi giuridici fondamentali.
In Italia, il Trust non è solo uno strumento di pianificazione successoria e fiscale, ma anche un mezzo per tutelare interessi patrimoniali che le categorie giuridiche tradizionali non riescono a proteggere adeguatamente.
Un esempio aiuta a comprendere meglio il funzionamento del Trust. Immagina un cliente che affida del denaro a un professionista, il quale lo deposita nel proprio conto corrente in attesa di utilizzarlo come concordato. Questo denaro potrebbe essere una caparra confirmatoria, un deposito a garanzia o un pagamento di imposte per conto del cliente. In tali casi, le somme depositate diventano parte del patrimonio del professionista e sono quindi esposte a pignoramenti o sequestri in caso di difficoltà finanziarie del professionista stesso. Questo rappresenta un rischio per il cliente, che non ha strumenti giuridici tradizionali per proteggere il proprio denaro.
Con il Trust, invece, si sfrutta l’effetto “segregativo”: il cliente, o Disponente, affida la gestione delle somme a un Trustee. Tali somme non vengono integrate nel patrimonio del Trustee, ma rimangono separate e protette da eventuali vicende personali, come il regime coniugale, la morte o i creditori del Trustee.
Questo è solo uno degli esempi delle molteplici situazioni in cui il Trust può essere utilizzato nel nostro ordinamento. Grazie alla sua flessibilità, i professionisti più competenti riescono a individuare soluzioni innovative per tutelare patrimoni e interessi in modo personalizzato.
Ad esempio, si può affidare a un Trustee la gestione delle azioni di una Holding che controlla un gruppo societario, per una successione generazionale o una ristrutturazione industriale. Oppure, si può utilizzare il Trust per gestire un’abitazione, destinandoli a specifici familiari e proteggendoli da rischi e problematiche giuridiche. Tuttavia, il Trust non può violare le regole della legittima, ossia la parte dell’eredità riservata per legge ai familiari stretti (come il coniuge e i figli).
Il Trust è uno strumento versatile, che trova applicazioni sempre più frequenti anche in Italia grazie alla sua capacità di rispondere a esigenze patrimoniali complesse e alla sua efficienza nel proteggere i beni, sia per motivi successori che per la gestione di patrimoni familiari o aziendali.
A COSA SERVE IL TRUST
Negli ultimi anni, il Trust è diventato una componente essenziale dello strumentario legale di molti professionisti italiani. Ma quali sono le ragioni di questa crescente popolarità? La risposta risiede nella sua versatilità e capacità di adattarsi a diverse esigenze legali e patrimoniali.
È importante sottolineare che vi sono situazioni in cui il Trust viene usato in modo improprio. Alcuni, ingannati da consulenti poco scrupolosi o da informazioni errate reperite online, potrebbero considerare il Trust un mezzo per eludere normative ereditarie o per proteggere i beni dai creditori, incluso il fisco.
Tralasciando questi usi scorretti, è essenziale comprendere la natura del Trust. Si tratta di una struttura giuridica in cui un soggetto, il “Disponente” o “Settlor”, trasferisce la proprietà di determinati beni a un altro soggetto, il “Trustee”. Quest’ultimo gestisce i beni in conformità agli scopi stabiliti dal Disponente, che possono essere giuridici o materiali. Il Trust può essere utilizzato per molteplici finalità, come la gestione patrimoniale, la pianificazione ereditaria, la protezione dei beni e la filantropia. La flessibilità di questo strumento lo rende idoneo a diversi contesti, dalla tutela di un patrimonio familiare alla gestione di fondi per scopi specifici.
La diffusione del Trust in Italia riflette una crescente consapevolezza nell’uso di strumenti giuridici moderni. Sebbene non manchino casi di applicazioni scorrette, il Trust resta una soluzione efficace per una gestione patrimoniale trasparente e responsabile.
Se usato correttamente, il Trust è un potente strumento per pianificazione patrimoniale, protezione dei beni e gestione delle successioni. È però fondamentale affidarsi a professionisti esperti per evitare errori o conseguenze legali negative.
Ad esempio, un genitore con un figlio disabile può conferire un patrimonio al Trustee affinché i redditi derivanti siano destinati al pagamento di spese di assistenza e istruzione del figlio. I casi concreti sono numerosi: il Trust si rivela utile ogni volta che un soggetto intende perseguire specifici obiettivi legati a beni come immobili, partecipazioni, denaro o strumenti finanziari, affidandoli a un Trustee.
Il Trust è vantaggioso anche per gli imprenditori, ad esempio per gestire il passaggio generazionale dell’azienda o per evitare che l’impresa familiare finisca nelle mani di un erede non idoneo. Può inoltre essere utilizzato per facilitare attività aziendali, come la gestione di patti di sindacato, garanzie di pagamento o procedure concorsuali.
Tuttavia, è cruciale evidenziare alcuni aspetti fondamentali. Il Trust è uno strumento complesso che richiede una gestione competente. La qualità del Trustee è determinante: se troppo dipendente dal Disponente o non autonomo, il Trust potrebbe essere interpretato come un semplice mandato, con conseguenze giuridiche significative. I beni del Trust potrebbero così essere considerati parte del patrimonio del Disponente e aggredibili dai creditori.
Per essere valido, il Trust deve garantire che i beni siano realmente di proprietà del Trustee e gestiti secondo le regole, senza interferenze del Disponente. Solo un Trust autentico offre la tutela legale necessaria.
A COSA SERVE IL TRUSTANALISI DETTAGLIATA DEL TRUST 10 PASSAGGI
- Istituzione del Trust: Il Disponente (Settlor) crea il Trust, definendo lo scopo da perseguire e i beni da destinare alla sua attuazione.
- Nomina del Trustee: Il Disponente designa un Trustee, persona fisica o giuridica, a cui affida la gestione dei beni e il compito di perseguire gli scopi stabiliti nell’atto istitutivo.
- Designazione dei Beneficiari: Il Disponente individua i Beneficiari, ovvero coloro che riceveranno i redditi generati dal Trust o i beni al termine della sua durata.
- Regole per l’individuazione dei Beneficiari: In alternativa, il Disponente può stabilire criteri per identificare i Beneficiari, delegando a un soggetto specifico la loro designazione.
- Ruolo del Protector: Il Disponente può nominare un Protector o Guardiano, incaricato di supervisionare l’operato del Trustee, autorizzare atti rilevanti e contribuire a decisioni strategiche.
- Trasferimento dei beni: Il Disponente trasferisce i beni al Trustee. Questi beni possono includere immobili, denaro, strumenti finanziari, partecipazioni societarie, opere d’arte e altri beni mobili.
- Proprietà legale dei beni: Il Trustee diventa il proprietario legale dei beni, separandoli dal patrimonio personale del Disponente, che perde ogni diritto su di essi.
- Protezione dai creditori: I beni trasferiti al Trustee non possono essere aggrediti dai creditori personali del Disponente, salvo azioni revocatorie sull’atto di dotazione del Trust.
- Atto istitutivo chiaro: L’atto istitutivo del Trust deve essere chiaro, evitando clausole che compromettano la segregazione patrimoniale o lascino intendere che il Trustee agisca come semplice fiduciario.
- Separazione patrimoniale: I beni del Trust restano separati dal patrimonio del Trustee, non sono soggetti ai suoi debiti personali né alla successione ereditaria e non rientrano nella comunione legale con il coniuge.
Il Trust è uno strumento sofisticato per la protezione patrimoniale, che garantisce la separazione dei beni e il loro utilizzo conforme agli scopi stabiliti. Comprendere questi passaggi è fondamentale per chi vuole sfruttare il Trust nella pianificazione patrimoniale.
TIPOLOGIE DI TRUST
Il Trust è uno strumento versatile, applicabile in ambiti quali diritto societario, diritto di famiglia, tutela di minori e incapaci, trasmissione generazionale, protezione patrimoniale e operazioni finanziarie complesse.
Un esempio è Luigi, medico chirurgo vedovo senza figli, che vuole proteggere il proprio studio professionale da responsabilità risarcitorie e trasferirne la proprietà, in futuro, a uno dei figli minorenni di suo fratello Carlo, qualora completassero studi di medicina con successo. Una soluzione tradizionale potrebbe essere la donazione della nuda proprietà ai nipoti, riservando a Luigi il diritto di abitazione. Tuttavia, questa protezione presenta alcune criticità:
- Esecuzione forzata: La nuda proprietà potrebbe essere aggredita dai creditori dei nipoti. Con il Trust, il bene sarebbe intestato al Trustee, garantendo protezione totale da pretese esterne.
- Alienazione del bene: I nipoti potrebbero vendere la nuda proprietà, anche a un valore ridotto. Il Trustee, invece, sarebbe vincolato a rispettare le disposizioni del Disponente, impedendo alienazioni non autorizzate.
- Condizioni complesse: Una donazione produce effetti immediati, ma se la condizione (come la laurea in medicina) non si verifica, potrebbero insorgere complicazioni. Con il Trust, il bene rimarrebbe sotto la gestione del Trustee fino al soddisfacimento delle condizioni stabilite.
Il Trust offre inoltre ulteriori vantaggi: evita le difficoltà legate all’intestazione di beni a minorenni, come il coinvolgimento di un giudice tutelare per operazioni straordinarie, e consente al Disponente di mantenere la possibilità di vendere il bene, se necessario, opzione più complessa con una donazione.
In conclusione, il Trust rappresenta una soluzione flessibile e sicura, superando molti dei limiti degli strumenti giuridici tradizionali. La sua capacità di adattarsi a esigenze specifiche lo rende ideale per situazioni complesse e per la protezione patrimoniale in ambiti diversificati.
IL TRUST DI PROTEZIONE DEL PATRIMONIO
Nel contesto economico attuale, caratterizzato da crescenti rischi imprenditoriali e professionali, il Trust è spesso impiegato per proteggere il patrimonio personale dai creditori. Questa esigenza coinvolge non solo i beni aziendali, ma anche quelli personali, come la residenza principale, la casa di vacanza e i risparmi residui.
La validità di un Asset Protection Trust può essere contestata poiché, secondo l’art. 2740 del Codice Civile, il debitore risponde con tutto il patrimonio. Tuttavia, il Trust, come vincolo di destinazione, può preservare beni destinati a scopi legittimi, rendendoli meno accessibili ai creditori, nel rispetto delle leggi. Se istituito per finalità riconosciute come meritevoli, l’effetto segregativo del Trust può offrire protezione patrimoniale indiretta.
Ad esempio, una coppia non sposata potrebbe utilizzare un Trust per creare una struttura patrimoniale simile al Fondo Patrimoniale (art. 167 Codice Civile). I beni destinati al “sostegno dei bisogni familiari” sarebbero gestiti dal Trustee, garantendo protezione dai creditori. Analogamente, un genitore anziano potrebbe assicurare ai figli minorenni il diritto di abitare nella casa paterna e ricevere i redditi familiari, proteggendo al contempo i beni da creditori e rischi futuri.
Tuttavia, un Trust non può essere usato per eludere l’azione revocatoria dell’art. 2901 del Codice Civile, che consente ai creditori di annullare atti patrimoniali lesivi dei loro diritti. Se istituito per danneggiare i creditori o prevenire il soddisfacimento di crediti futuri, potrà essere impugnato e dichiarato nullo.
In conclusione, il Trust è una soluzione efficace per la protezione patrimoniale, purché sia conforme alla legge e con finalità lecite. Non deve essere usato per sottrarsi agli obblighi verso i creditori, ma come opzione sicura per tutelare i beni in situazioni di rischio.
TUTELA PATRIMONIALE: FONDO PATRIMONIALE E TRUST
Il Fondo Patrimoniale è uno strumento giuridico che consente ai coniugi di destinare specifici beni (immobili, beni mobili registrati, titoli di credito) al soddisfacimento delle esigenze familiari. Una volta istituito, genera un effetto segregativo sui beni conferiti, che possono essere aggrediti dai creditori solo per debiti contratti per necessità familiari, come il pagamento di lavori effettuati sulla casa. Al contrario, i creditori legati a responsabilità professionali o imprenditoriali di uno dei coniugi non possono rivalersi sui beni del fondo.
Tuttavia, il Fondo Patrimoniale presenta alcune limitazioni. Può essere costituito esclusivamente da coniugi e il vincolo è valido solo durante il matrimonio. In caso di separazione o divorzio, il fondo si scioglie, salvo la presenza di figli minorenni, nel qual caso persiste fino al raggiungimento della maggiore età del figlio più giovane. Inoltre, i beni vincolabili sono limitati a immobili, beni mobili registrati e titoli di credito.
Per superare queste restrizioni, strumenti alternativi come il Trust o il Vincolo di Destinazione offrono maggiore flessibilità. Ad esempio, coppie non sposate o famiglie con figli possono proteggere i beni familiari attraverso un Trust o un Vincolo di Destinazione. Questi strumenti permettono di assegnare specifici beni a finalità familiari o a bisogni specifici, garantendo una tutela patrimoniale più ampia.
Il Trust consente di proteggere i beni attraverso la nomina di un Trustee, che può essere anche il disponente stesso in caso di auto-dichiarazione. Inoltre, in conformità all’articolo 2645-ter del Codice Civile, è possibile vincolare beni a finalità specifiche, ampliando le possibilità di protezione.
Sia il Trust che il Vincolo di Destinazione rappresentano soluzioni efficaci per salvaguardare il patrimonio familiare, superando i limiti del Fondo Patrimoniale e offrendo maggiore versatilità nella gestione e protezione dei beni.
TUTELA PATRIMONIALE: SOCIETÀ SEMPLICE E TRUST
La Società Semplice è una forma societaria comune nelle famiglie imprenditoriali con ingenti patrimoni immobiliari, grazie alla sua semplicità gestionale, trasparenza fiscale e flessibilità. Tuttavia, per proteggere tali patrimoni, soprattutto in caso di passaggio generazionale o situazioni familiari complesse, l’uso del Trust rappresenta una strategia altamente efficace.
– CESSIONE DELLE QUOTE DELLA SOCIETA’ SEMPLICE AL TRUSTEE
Un’efficace soluzione di pianificazione patrimoniale familiare consiste nella cessione delle quote della Società Semplice a un Trustee (un soggetto fiduciario professionale). Il Trustee diventa titolare delle quote e le gestisce nell’interesse dei Beneficiari designati nel Trust. Questa operazione separa il patrimonio aziendale, inclusi beni immobili, liquidità, beni d’autore, brevetti e altri asset, dal patrimonio personale dei soci, garantendo protezione e continuità gestionale.
I principali vantaggi sono:
- Protezione del patrimonio familiare: La cessione delle quote al Trustee isola i beni aziendali e immobiliari dal patrimonio personale dei soci, proteggendoli da creditori personali e rischi che comprometterebbero la stabilità familiare.
- Tutela in caso di successione: Il Trust pianifica la distribuzione delle quote e dei beni aziendali in modo trasparente, evitando conflitti tra eredi. Previene alienazioni non desiderate e assicura una successione coerente con la volontà del disponente.
- Continuità gestionale: Un Trustee professionale garantisce una gestione stabile durante il ricambio generazionale. Questo previene conflitti familiari e permette all’impresa di prosperare finché gli eredi non siano pronti a subentrare.
- Rispetto delle quote di legittima: Configurando il Trust per rispettare le quote di legittima, si tutelano i diritti dei legittimari (coniuge, figli) e si assicura che il patrimonio sia distribuito secondo le leggi successorie senza perdere il controllo gestionale.
- Flessibilità nella distribuzione dei beni: Il Trust permette di destinare beni a scopi specifici, come istruzione o assistenza, garantendo che il patrimonio venga utilizzato strategicamente senza destabilizzare le attività aziendali o familiari.
In sintesi, la cessione delle quote al Trustee rappresenta una soluzione versatile per proteggere e gestire il patrimonio familiare, garantendo continuità, tutela legale e flessibilità nella distribuzione dei beni.
– ESEMPIO DI CESSIONE QUOTE DELLA SOCIETÀ SEMPLICE AL TRUST
Immaginiamo Marco e Anna, una coppia di imprenditori di successo, proprietari di una Società Semplice che rappresenta il cuore del loro patrimonio familiare. La società detiene un consistente portafoglio di beni, inclusa una villa storica che ospita le riunioni di famiglia, appartamenti locati che generano redditi stabili, partecipazioni in una società operativa e una preziosa collezione di opere d’arte contemporanea.
La coppia, consapevole dell’importanza di garantire la continuità patrimoniale e la serenità dei figli adolescenti, Luca e Giulia, decide di pianificare un passaggio generazionale solido e proteggere il patrimonio da potenziali minacce esterne. Per questo, Marco e Anna scelgono di conferire le quote della Società Semplice a un Trust, affidando la gestione a un Trustee professionale, esperto nella tutela e valorizzazione di patrimoni complessi.
Il Trust è istituito con linee guida precise, riflettendo la volontà dei coniugi di tutelare i beni, i valori e la stabilità familiare.
Struttura e finalità del Trust
- Protezione della villa storica: La villa, oltre a essere un simbolo della famiglia, è utilizzata per riunioni e occasioni speciali. Il Trust stabilisce che la villa non potrà essere venduta e dovrà essere mantenuta come luogo di aggregazione familiare. Il Trustee è incaricato di garantirne la manutenzione e l’utilizzo secondo le direttive di Marco e Anna.
- Gestione degli appartamenti locati: I redditi generati dagli immobili locati saranno destinati a coprire le spese di istruzione di Luca e Giulia e, in futuro, a sostenere eventuali progetti imprenditoriali dei figli.
- Partecipazioni societarie: Le partecipazioni nella società operativa saranno supervisionate dal Trustee in collaborazione con un amministratore delegato, assicurando stabilità e continuità nella gestione aziendale, anche in assenza dei genitori.
- Pianificazione del passaggio generazionale: Il Trust definisce un trasferimento graduale delle quote della Società Semplice ai figli, in funzione della loro età e delle loro capacità gestionali, garantendo il rispetto delle quote di legittima e prevenendo conflitti tra gli eredi.
- Tutela della collezione d’arte: La collezione di opere d’arte sarà preservata e potrà essere esposta in eventi culturali, valorizzando il patrimonio artistico della famiglia e rafforzando il suo legame con la comunità.
Vantaggi chiave
- Protezione legale: Il conferimento delle quote al Trust isola il patrimonio familiare dai rischi personali di Marco e Anna, garantendo che eventuali creditori non possano aggredire i beni della Società Semplice.
- Continuità e stabilità gestionale: Il Trustee assicura una gestione professionale e imparziale, evitando discontinuità o conflitti familiari che potrebbero compromettere il valore del patrimonio.
- Personalizzazione e flessibilità: Le risorse vengono allocate in base alle esigenze specifiche della famiglia, permettendo di rispondere a eventi futuri come matrimoni, istruzione universitaria o iniziative imprenditoriali dei figli.
- Valorizzazione del patrimonio: Grazie alla supervisione professionale, la villa, gli appartamenti e le partecipazioni aziendali continuano a generare valore, preservando il capitale familiare per le generazioni future.
L’istituzione del Trust si rivela una scelta strategica e lungimirante per Marco e Anna, che garantiscono la protezione del loro patrimonio, la serenità familiare e la continuità aziendale. La gestione affidata a un Trustee professionale offre non solo sicurezza, ma anche la flessibilità necessaria per adattarsi a eventuali cambiamenti o imprevisti. In questo modo, il Trust diventa non solo uno strumento di pianificazione patrimoniale, ma anche un’eredità di valori e sicurezza per le generazioni future, preservando l’integrità e l’armonia della famiglia.
– IL TRUST NEL PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO
Il Trust è uno strumento efficace nel diritto di famiglia, utile in separazioni e divorzi per gestire beni comuni ed evitare conflitti. Gli ex coniugi spesso decidono la destinazione di beni condivisi, come l’immobile familiare, talvolta intestandolo ai figli, una scelta che offre serenità ma può risultare complessa, soprattutto con figli minorenni o inesperti. È essenziale bilanciare questa scelta con l’uso continuativo del bene da parte di un genitore.
Ad esempio, una coppia separata può istituire un Trust per garantire al figlio minorenne la proprietà di un’abitazione al compimento del trentesimo anno di età. Il Trust protegge il bene, evitando aggressioni da creditori o alienazioni premature. Se intestato direttamente al figlio, l’immobile potrebbe essere venduto o usato per debiti futuri.
L’atto del Trust può prevedere che, se il figlio non raggiunge l’età stabilita, l’immobile torni al genitore. Questo tutela il bene da eventi imprevisti e garantisce una destinazione conforme alla volontà dei genitori, proteggendo i beni da azioni legali sui patrimoni dei genitori.
Un Trust autodichiarato consente al genitore di mantenere il controllo sull’immobile, rispettando accordi con l’altro genitore. In caso di morte, il bene sarà gestito dal Trustee fino al trasferimento al beneficiario, evitando ingerenze di eredi o creditori. Il Trust isola i beni da vicende personali e patrimoniali dei genitori e del figlio, garantendo una gestione sicura e ordinata. Una coppia separata può così tutelare il patrimonio familiare, garantire chiarezza e continuità e rispettare le volontà originarie.
Per riassumere, il Trust unisce flessibilità e sicurezza, rendendolo ideale per proteggere beni in separazioni e divorzi e pianificare a lungo termine.
– IL TRUST NELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA
Nei rapporti tra imprenditori emerge spesso la necessità di gestire “stalli decisionali”, rafforzare accordi, depositare somme per una due diligence (come l’analisi di un magazzino) o garantire obblighi, ad esempio il pagamento di penali per inadempimento.
In questi casi, il Trust può essere una soluzione efficace. I soci di una società potrebbero utilizzarlo per definire strategie di voto in assemblea o stilare una lista di candidati per gli organi sociali. La gestione di un inadempimento da parte di un socio può essere complessa. Penali monetarie, pur previste, possono essere ridotte dal giudice se eccessive. Un’alternativa più strutturata è l’istituzione di un Trust con un Trustee professionale che gestisca le azioni e i relativi diritti.
Il Trustee riscuoterebbe i dividendi, distribuendoli tra i soci in proporzione alle rispettive partecipazioni, e avrebbe il mandato di votare in assemblea secondo decisioni congiunte prese in riunioni apposite. In assenza di istruzioni condivise, il Trustee potrebbe agire nell’interesse della società o convocare un’assemblea straordinaria per valutare lo scioglimento, se il mancato accordo indicasse la fine dell’interesse comune.
– LA PIANIFICAZIONE DEL PASSAGGIO GENERAZIONALE NELLE FAMIGLIE
La pianificazione del passaggio generazionale è uno degli utilizzi più comuni del Trust, efficace nel ripartire il patrimonio tra i familiari e individuare chi, tra eredi o altri soggetti, sia più idoneo a guidare l’impresa. Il Trust generazionale beneficia di agevolazioni fiscali, ma non può eludere le regole della successione necessaria, che tutelano i legittimari (coniuge, discendenti e, in loro assenza, genitori). Le quote di legittima includono beni posseduti al decesso e quelli trasferiti tramite donazioni o Trust liberali.
Pertanto, il Trust va strutturato per rispettare le quote dei legittimari, evitando contestazioni. Liberalità lesive della legittima sono impugnabili fino a dieci anni dalla morte del de cuius.
Un utilizzo interessante è la combinazione del Trust con il patto di famiglia, strumento previsto dal Codice Civile (art. 768-bis e seguenti) per regolare il passaggio generazionale nelle imprese familiari, non contestabile in sede di successione.
Tra i casi più comuni troviamo conflitti familiari o difficoltà nella trasmissione equilibrata del patrimonio. Ad esempio:
- Conflitti personali: Un matrimonio non accettato dalla famiglia (ad esempio, una figlia che sposa una persona non ben vista) o le cattive abitudini di un figlio (vita dispendiosa, abuso di alcol o sostanze) possono compromettere l’armonia familiare e la gestione del patrimonio.
- Diverse età ed esigenze dei figli: In famiglie con figli di età molto diversa, alcuni adulti e altri ancora studenti, il Trustee può bilanciare le aspirazioni di chi vuole subentrare nella conduzione dell’impresa con la protezione necessaria per chi non è ancora indipendente.
Il Trust rappresenta anche una soluzione per imprenditori senza stretti familiari, dove la priorità non è la ripartizione del patrimonio, ma la scelta di chi proseguirà l’attività imprenditoriale. In tutti questi scenari, il Trustee garantisce una gestione imparziale, preservando il valore dell’azienda e realizzando una distribuzione equilibrata del patrimonio.
– TRUST E SOGGETTI INCAPACI
In Italia, il Trust si è affermato come uno strumento chiave per la protezione dei soggetti incapaci, evitando il ricorso a lunghe procedure giudiziarie, come la nomina di un amministratore di sostegno o di un tutore. In tali circostanze, il Trust implica il trasferimento di un determinato patrimonio al Trustee affinché i suoi frutti siano destinati a soddisfare le esigenze di vita del soggetto da proteggere.
Al Trustee possono essere conferite ulteriori prescrizioni, come vendere beni intestati se necessario, trasferire redditi o beni del Trust esistenti al momento del decesso dell’incapace ad altri beneficiari, e destinare eccedenze reddituali dei beni in Trust, secondo le esigenze dell’incapace, ad altri familiari del disponente.
Il Disponente può individuare tali soggetti direttamente nell’Atto Istitutivo del Trust o in un documento successivo, oppure delegare al Trustee questa scelta, ad esempio tra le persone che hanno contribuito maggiormente alla cura dell’incapace.
Il Disponente può anche stabilire che l’operato del Trustee sia controllato da un Protector, incaricato di approvare attività significative, garantendo così una gestione sicura del patrimonio. Questa figura tutela gli interessi del Disponente e dei beneficiari, assicurando decisioni responsabili e attente.
– L’ESCROW ACCOUNT E IL TRUST
Il Trust è spesso utilizzato per garantire il deposito di somme di denaro, funzione nota nel gergo anglofono come Escrow account. In queste situazioni, un soggetto terzo, indipendente dalle parti coinvolte, custodisce una somma di denaro per garantire la sicurezza della transazione. Questo soggetto, come una banca o una società fiduciaria, gestisce i fondi in modo imparziale e li rilascia solo al verificarsi di condizioni specifiche, come il completamento di un contratto o l’adempimento di determinati obblighi.
Un esempio comune è l’utilizzo dell’Escrow account nei contratti di compravendita (immobili, aziende, partecipazioni, ecc.) con clausole di “aggiustamento del prezzo” legate a verifiche tra il preliminare e il closing, come la rimozione di ipoteche o altri vincoli.
Un altro caso frequente riguarda il deposito di cauzioni, trattenute in caso di mancato rispetto di garanzie o obblighi, come l’assenza di vizi o il mancato adempimento di obblighi di riservatezza. Tuttavia, se la somma è presso un terzo, eventi estranei alla transazione, come un sequestro o pignoramento dei beni del depositario, potrebbero compromettere il deposito.
Affidando invece la somma a un Trustee, l’effetto segregativo del Trust separa i beni dal patrimonio personale del Trustee. Eventuali problemi del Trustee non influiranno sui beni del Trust, che resteranno protetti e destinati esclusivamente secondo le volontà espresse nel Trust.
IL TRUST: ORIGINI E FUNZIONI
Il Trust è entrato nel nostro sistema giuridico nei primi anni ’90, inizialmente con cautela, ma oggi è uno strumento riconosciuto per la pianificazione patrimoniale e il passaggio generazionale. Inizialmente percepito come un istituto “esotico” anglosassone, era spesso frainteso o usato per fini elusivi. La ratifica della Convenzione dell’Aja ne ha però legittimato l’uso, chiarendo le sue applicazioni.
Un esempio di utilizzo scorretto riguarda consulenti, spesso stranieri e privi di competenze giuridiche italiane, che lo promuovevano per sottrarre patrimoni a familiari o creditori, compromettendone il valore reale. In realtà, il Trust richiede gestione attenta e consapevole. La scelta di una legge straniera per regolamentarlo e la sua versatilità ne fanno una soluzione efficace per esigenze commerciali, finanziarie, sociali e familiari, specialmente dove il diritto italiano offre rimedi limitati.
Di seguito vengono illustrate le principali caratteristiche del Trust.
– IL TRUST AUTODICHIARATO
Un Trust autodichiarato è una forma di Trust in cui il disponente assume anche il ruolo di Trustee, senza trasferire i beni a un soggetto terzo. In questo modo, il disponente separa determinati beni dal resto del suo patrimonio personale, creando una sorta di “isola protetta”. Ad esempio, in caso di decesso, tali beni non rientrano nell’eredità, né, in regime di comunione legale, nei beni comuni della coppia. Inoltre, questi beni sono generalmente protetti da pignoramenti di creditori ordinari, esclusi quelli legati alla gestione del Trust. Tuttavia, l’uso del Trust autodichiarato richiede cautela: pur riconosciuto da diverse sentenze, può essere interpretato come elusivo se non strutturato correttamente.
– I RUOLI NEL TRUST
La figura chiave del Trust è il Disponente, colui che lo istituisce, stabilisce gli obiettivi, le regole e designa inizialmente il Trustee. Il Disponente può identificare i Beneficiari o definirne le modalità di individuazione, nonché nominare un Protector per monitorare l’operato del Trustee. Il Trustee, che riceve i beni del Trust, li gestisce secondo le finalità stabilite, assumendone la piena proprietà giuridica. È possibile prevedere la nomina di ulteriori Trustee, in aggiunta o in sostituzione, secondo quanto stabilito dall’atto istitutivo. Il Protector autorizza le decisioni più rilevanti o verifica l’operato del Trustee, mentre i Beneficiari sono coloro che ricevono i redditi o i beni del Trust al termine della sua vigenza.
– IL RUOLO DEL TRUSTEE
Il Trustee è il soggetto centrale nella gestione del Trust. A differenza di un fiduciario, il Trustee diventa proprietario effettivo dei beni del Trust, obbligato a gestirli per gli scopi indicati dal Disponente. Questo ruolo richiede autonomia, indipendenza e discrezionalità. Il duplice effetto segregativo del Trust garantisce che i beni conferiti escano dal patrimonio del Disponente e rimangano separati dal patrimonio personale del Trustee. Ciò protegge i beni da creditori personali del Disponente e del Trustee, limitando l’azione ai soli creditori legati alla gestione del Trust. Per massimizzare l’efficacia del Trust, è essenziale che il Trustee sia professionale e dotato di elevata indipendenza.
– COSA PUÒ ESSERE CONFERITO IN TRUST
Non esistono limiti alla natura dei beni conferibili in Trust: denaro, strumenti finanziari, partecipazioni societarie, beni immobili e mobili (come opere d’arte o lingotti d’oro). Il Trustee può gestire beni statici o movimentarli, vendendo, acquistando o reinvestendo in base alle regole stabilite. In casi specifici, è possibile conferire un’intera azienda al Trust, rendendo il Trustee titolare e responsabile della gestione imprenditoriale.
– LA PROPRIETÀ EFFETTIVA DEI BENI NEL TRUST
Uno degli aspetti più sorprendenti per chi si avvicina al Trust è che il Disponente deve trasferire la proprietà dei beni al Trustee per ottenere l’effetto segregativo. Senza questo trasferimento, il Trust non può garantire la protezione desiderata. Questa esigenza può creare timori, aggravati dalla lentezza della giustizia italiana nel ripristinare eventuali frodi commesse dal Trustee. Perciò, la scelta di un Trustee professionale è cruciale per garantire legittimità e sicurezza nella gestione del Trust.
IL TRUST IN ITALIA
Il Trust, istituto anglosassone nato nei Paesi di Common Law, si distingue profondamente dal sistema romano di Civil Law. Questa diversità ha favorito il suo sviluppo, consentendogli di assolvere funzioni difficilmente riconducibili agli strumenti giuridici tradizionali del nostro ordinamento.
Nei Paesi angloamericani, il Trust è apprezzato per semplicità, flessibilità, economicità e capacità di adattarsi a esigenze pratiche. Accanto ai Trust tradizionali, come quelli familiari o morali (income e charitable trusts), si sono affermati business trusts per operazioni commerciali e pension trusts con scopi previdenziali.
Nei sistemi di Civil Law, come quello italiano, il Trust ha incontrato ostacoli per via della concezione rigida della proprietà, che impedisce una netta separazione tra i patrimoni del disponente, del trustee e dei beneficiari. Strumenti come fondazioni, mandati senza rappresentanza o fondi patrimoniali, pur perseguendo obiettivi simili, non offrono l’efficienza del Trust. Con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, tramite la legge n. 364/1989 (in vigore dal 1992), l’Italia ha introdotto una base giuridica per il Trust, rendendolo compatibile con il nostro ordinamento.
Il Trust di Common Law assegna al Trustee i diritti di un proprietario legale, che gestisce il patrimonio per scopi specifici e leciti. Gli scopi includono la conservazione di beni per beneficiari al verificarsi di eventi come matrimonio, laurea o decesso del disponente, garantendo la tutela dei loro interessi.
Dal punto di vista del Civil Law, i principali effetti del Trust sono:
- Separazione patrimoniale e vincolo di destinazione: I beni conferiti nel Trust sono separati dal patrimonio del disponente e del Trustee, risultando inattaccabili dai creditori personali del disponente e destinati esclusivamente agli scopi stabiliti.
- Obbligo fiduciario del Trustee: Il Trustee è vincolato a gestire i beni secondo le istruzioni del disponente (settlor), nell’interesse dei Beneficiari, che possono richiedere l’adempimento degli obblighi previsti.
In sintesi, pur essendo estraneo alla tradizione giuridica italiana, il Trust ha trovato legittimazione grazie alla Convenzione dell’Aja, diventando uno strumento prezioso per finalità patrimoniali e familiari, adattabile alle esigenze del nostro ordinamento e ispirato alla flessibilità tipica dei Paesi di Common Law.
LA REGOLAMENTAZIONE DEL TRUST IN ITALIA
Il disegno di legge delega, che consente al Governo di introdurre la disciplina del “contratto di fiducia” nel Codice civile, rappresenta un passo significativo verso una regolamentazione del Trust in Italia, ma solleva alcune questioni critiche.
Il nuovo istituto intende riflettere il concetto di Trust, ma la terminologia scelta suscita perplessità. Il Trustee è definito “fiduciario” e il Disponente “fiduciante”, richiamando il mandato fiduciario, che non contempla la segregazione patrimoniale, una caratteristica distintiva del Trust. Questa scelta potrebbe generare confusione, poiché il trust anglosassone è concepito come un istituto autonomo, non un semplice contratto.
Il disegno di legge prevede che la “fiducia” possa essere costituita tramite contratto, disposizione testamentaria o sentenza giudiziaria. È inoltre contemplata una “fiducia autodichiarata”, dove il titolare si dichiara fiduciario per uno scopo a favore di terzi, senza un contratto formale. Questo aspetto introduce una differenza rispetto al modello tradizionale del trust.
Nonostante le differenze terminologiche, alcune disposizioni si avvicinano alla disciplina del trust tradizionale, tra cui:
- Separazione patrimoniale: i beni della fiducia sono separati dal patrimonio del fiduciario, che non può utilizzarli per fini personali.
- Sostituzione del fiduciario: in caso di inadempienza, è possibile nominare un nuovo fiduciario.
- Opponibilità ai terzi: il contratto sarà reso pubblico tramite registrazione o altre formalità, garantendo trasparenza.
La legge esclude che i beni della fiducia rientrino nella comunione legale tra coniugi o nel patrimonio ereditario del fiduciario, garantendo maggiore protezione.
Una caratteristica interessante è la flessibilità nella scelta del fiduciario, che può essere una persona fisica o giuridica, senza qualifiche specifiche richieste. Tuttavia, ciò solleva dubbi sull’importanza di competenze tecniche per gestire patrimoni complessi o ingenti.
Infine, la legge delega prevede scopi specifici per l’uso del Trust, tra cui:
- Garanzia: per obbligazioni debitorie, ad esempio in ambito imprenditoriale.
- Assistenza: per supporto ai beneficiari in ambiti come salute o assistenza sociale.
In conclusione, il disegno di legge rappresenta un passo avanti nella regolamentazione del Trust in Italia. Tuttavia, l’uso del termine “fiducia” e alcune modalità applicative restano lontani dal modello anglosassone. La flessibilità e la definizione di scopi specifici potrebbero però favorire l’adattamento del Trust al contesto giuridico italiano.
IL RUOLO DELLA CONVENZIONE DELL’AJA SUL TRUST
Con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, avvenuta tramite la legge 16 ottobre 1989, n. 364, l’Italia ha riconosciuto ufficialmente il Trust come rapporto giuridico. Questo istituto consente a una persona (Disponente) di destinare beni sotto il controllo di un Trustee, nell’interesse di un Beneficiario o per un fine specifico, rispettando le regole stabilite nell’atto istitutivo e nella legge scelta (art. 2 e 6, Conv. Aja).
Il Trust si caratterizza per:
- Causa destinatoria: il disponente assegna beni al trustee per raggiungere uno scopo definito, come tutelare beneficiari o perseguire un fine preciso.
- Separazione patrimoniale: i beni formano una massa separata, distinta dal patrimonio personale del trustee.
- Volontà unilaterale del disponente: l’atto istitutivo è espressione della sola volontà del disponente.
- Finalità specifica: gli scopi includono protezione patrimoniale, assistenza o gestione temporanea dei beni.
Per anni, il dibattito si è concentrato sul riconoscimento dei Trust interni, cioè quelli istituiti interamente in Italia, senza legami con ordinamenti che regolano il Trust. Sebbene la Convenzione riconoscesse i trust internazionali, la validità di quelli interni era incerta per l’assenza di una normativa specifica.
Un primo passo è arrivato grazie a una circolare del Consiglio Nazionale del Notariato, che ha avallato i trust interni. Sebbene non vincolante, questa interpretazione ha avuto un impatto significativo, dato il ruolo del notariato nella validazione degli atti giuridici.
Ulteriore progresso è stato fatto con l’articolo 2645-ter del Codice civile, che consente di destinare beni a scopi meritevoli, isolandoli dal patrimonio generale. Questo strumento, pur non essendo una legge sul Trust, ha di fatto legittimato l’effetto segregativo, riconoscendo la possibilità di creare patrimoni separati.
L’evoluzione normativa ha favorito l’utilizzo del Trust in Italia, sia per finalità internazionali che interne. La Convenzione dell’Aja ha garantito i trust con elementi esteri, mentre l’articolo 2645-ter ha reso possibile l’effetto segregativo a livello nazionale, permettendo una pianificazione patrimoniale più flessibile.
Oggi, il Trust si è affermato come strumento utile in ambito familiare, aziendale e filantropico, confermando il suo ruolo nel panorama giuridico italiano.
LA DISCIPLINA DEL TRUST IN ITALIA
L’introduzione dell’articolo 2645-ter nel Codice Civile consente, mediante atto pubblico, di destinare specifici beni immobili o mobili registrati alla “realizzazione di interessi meritevoli di tutela” per un periodo massimo di novant’anni o per la durata della vita del beneficiario. Questo istituto permette di separare tali beni dal patrimonio generale del titolare, vincolandoli esclusivamente al perseguimento dello scopo stabilito.
Il vincolo di destinazione “isola” i beni oggetto dell’atto, sottraendoli alle vicende personali del titolare. Tali beni non possono essere sottoposti a procedure esecutive o concorsuali, non rientrano nella comunione legale tra coniugi e sono esclusi dall’asse ereditario. La trascrizione del vincolo nei registri pubblici garantisce la sua opponibilità ai terzi e la permanenza fino al raggiungimento dello scopo.
Un’applicazione tipica riguarda un individuo non coniugato e privo di figli che si occupa di un parente disabile. In caso di premorienza o sopravvenuta incapacità del benefattore, il vincolo di destinazione garantisce il sostegno continuativo al disabile senza trasferirgli direttamente i beni, evitando una gestione inadeguata. I beni destinati possono essere gestiti per produrre redditi (ad esempio, canoni di locazione) e mantenuti operativi per soddisfare le necessità del beneficiario.
Questa norma deroga al principio generale dell’art. 2740 del Codice Civile, secondo cui ogni soggetto risponde delle proprie obbligazioni con tutto il patrimonio. Di norma, la separazione patrimoniale è possibile solo con esplicita previsione legislativa.
Un esempio consolidato è la costituzione di una società di capitali: i beni conferiti sono destinati esclusivamente all’attività sociale e non aggredibili dai creditori personali del socio, salvo le sue partecipazioni societarie. Analogamente, i creditori della società non possono rivalersi sul patrimonio personale del socio.
Un’altra applicazione diffusa è rappresentata dal Fondo patrimoniale, che consente di proteggere beni destinati a soddisfare i bisogni della famiglia. Questi beni restano di proprietà della famiglia, ma sono sottratti all’azione esecutiva per debiti contratti da uno dei coniugi, a meno che tali debiti non siano stati contratti nell’interesse della famiglia stessa.
Negli ultimi anni, il ricorso al vincolo di destinazione ha accompagnato il crescente interesse per strumenti giuridici di segregazione patrimoniale come il Trust, il quale offre una maggiore flessibilità e applicabilità per esigenze imprenditoriali, familiari e di protezione di soggetti vulnerabili.
– L’OPPONIBILITÀ DEL VINCOLO DI DESTINAZIONE
L’articolo 2645-ter del Codice Civile introduce il vincolo di destinazione, consentendo di separare beni immobili o mobili registrati dal patrimonio generale del loro proprietario per destinarli a uno scopo specifico e meritevole di tutela. La trascrizione dell’atto istitutivo nei pubblici registri rende il vincolo opponibile ai terzi, proteggendo i beni vincolati da azioni esecutive, tranne che per debiti direttamente legati allo scopo del vincolo stesso.
Con il vincolo di destinazione, i beni oggetto del vincolo sono isolati dalle vicende personali del proprietario, garantendo che siano utilizzati esclusivamente per il fine stabilito. Questo istituto rappresenta una forma di protezione patrimoniale che limita l’accesso ai beni da parte dei creditori del titolare, i quali possono rivalersi solo sul patrimonio residuo non vincolato.
Prima dell’introduzione di questa norma, esistevano già strumenti per creare patrimoni separati, come il fondo patrimoniale (destinato ai bisogni della famiglia) e il patrimonio destinato a uno specifico affare (utilizzato in ambito societario). Tuttavia, il vincolo di destinazione si differenzia per il suo campo di applicazione più ampio, che non è limitato a determinati scopi o soggetti, a condizione che l’interesse perseguito sia lecito e socialmente rilevante.
Tra i vantaggi del vincolo di destinazione, vi è la possibilità di destinare beni a beneficiari specifici, che possono essere sia persone fisiche che enti, pubblici o privati. Inoltre, il fine del vincolo può essere variabile, purché rientri negli interessi “meritevoli di tutela” ai sensi dell’articolo 1322 del Codice Civile, rispettando i principi di liceità, ordine pubblico e buon costume.
Questa flessibilità rende il vincolo di destinazione simile a un Asset Protection Trust, permettendo di proteggere i beni da potenziali azioni esecutive. Tuttavia, i creditori possono ricorrere a strumenti come l’azione di simulazione o l’azione revocatoria per contestare il vincolo, anche se tali azioni non sempre garantiscono un recupero completo dei beni.
Il futuro utilizzo del vincolo di destinazione dipenderà dall’interpretazione dell’“interesse meritevole di tutela”. Un’interpretazione ampia potrebbe consentire applicazioni più diversificate, ma aumenterebbe il rischio di abusi. Al contrario, un’interpretazione restrittiva potrebbe limitarne l’applicazione a situazioni di evidente rilevanza sociale o giuridica.
In conclusione, il vincolo di destinazione rappresenta uno strumento innovativo nel diritto civile italiano, capace di garantire una protezione patrimoniale efficace e di adattarsi a una vasta gamma di esigenze, sebbene rimangano alcune criticità legate alla sua applicazione concreta e ai possibili abusi.
– RELAZIONE TRA VINCOLO DI DESTINAZIONE E TRUST
Con l’introduzione dell’articolo 2645-ter del Codice Civile, che disciplina il vincolo di destinazione, si è aperto il dibattito sulla sua relazione con il Trust. Due principali interpretazioni emergono:
- Il vincolo di destinazione si affianca al Trust, operando come un istituto separato e distinto.
- Il vincolo di destinazione assume in Italia alcune funzioni del Trust, assimilando quest’ultimo al nuovo istituto.
La discussione su quale posizione prevalga sarà lunga e complessa, con difficoltà nel raggiungere un consenso unanime.
L’introduzione del vincolo di destinazione ha superato le tesi che negavano la possibilità di istituire trust interni in Italia. Queste sostenevano che l’ordinamento consentisse patrimoni separati solo con autorizzazione legislativa e che la ratifica della Convenzione dell’Aja fosse insufficiente per introdurre il Trust. Anche la trascrizione nei Pubblici Registri di atti relativi a trust interni era considerata problematica.
Oggi, il vincolo di destinazione, grazie alla trascrizione di un atto pubblico, permette di creare un’area patrimoniale separata per scopi meritevoli, risolvendo il dibattito sulla trascrivibilità.
Tra i due istituti emergono differenze chiave. Il vincolo di destinazione è un atto unilaterale, mentre il Trust coinvolge almeno due parti: il disponente e il Trustee. Tuttavia, ci sono sovrapposizioni, come la possibilità di costituire un vincolo su beni ricevuti da un altro soggetto, avvicinandolo concettualmente al Trust.
Il Trust autodichiarato, dove il disponente si nomina Trustee, evidenzia ulteriori similitudini, separando beni per scopi specifici. Tuttavia, il vincolo richiede un atto pubblico, mentre il Trust, pur scritto, non necessita di forma pubblica. Il vincolo dura massimo 90 anni o coincide con la vita del Beneficiario, mentre la durata del Trust dipende dalla legge applicata.
La coesistenza di vincolo di destinazione e Trust mostra l’evoluzione del diritto patrimoniale italiano verso maggiore flessibilità, offrendo strumenti adatti a esigenze diverse per una gestione patrimoniale personalizzata.
VINCOLO DI DESTINAZIONE E TRUST: DIFFERENZE E SIMILITUDINI
L’introduzione dell’articolo 2645-ter nel Codice Civile ha alimentato il dibattito sulla relazione tra il vincolo di destinazione e il Trust, evidenziando analogie ma anche differenze rilevanti tra i due istituti.
Una prima differenza riguarda la struttura. Il vincolo di destinazione può essere costituito da un singolo soggetto, senza richiedere la partecipazione di un secondo attore. Al contrario, il Trust tradizionale si basa sulla presenza di un Disponente (settlor) e di un Trustee. Tuttavia, con il Trust autodichiarato, il disponente può assumere anche il ruolo di trustee, riducendo questa distanza.
Un altro elemento distintivo è il tipo di atto istitutivo. Il vincolo di destinazione può nascere da accordi bilaterali o plurilaterali. Ad esempio, più fratelli possono vincolare beni di famiglia per garantirne la conservazione e l’utilizzo da parte delle generazioni future. Analogamente, un professionista può destinare parte del proprio patrimonio al mantenimento dei figli minori. In queste situazioni, le differenze tra Trust e vincolo di destinazione si attenuano, pur non scomparendo del tutto.
La natura dei beni coinvolti segna una distinzione chiara: il vincolo di destinazione si applica esclusivamente a beni immobili o mobili registrati, mentre il Trust abbraccia una gamma più ampia, comprendendo anche beni mobili non registrati, partecipazioni societarie e titoli di credito.
La durata è un criterio di differenziazione. Il vincolo di destinazione è limitato a 90 anni o alla vita del beneficiario, mentre quella del Trust dipende dalla normativa del paese scelto. Anche le formalità differiscono: il vincolo richiede un atto pubblico, mentre la costituzione del Trust varia secondo le norme applicabili e la natura dei beni.
Nonostante le differenze, esistono somiglianze che rendono i due strumenti talvolta complementari, ma è essenziale considerarli distinti, ciascuno adatto a contesti specifici.
Un tema centrale riguarda la trascrivibilità del vincolo di destinazione nei Pubblici Registri. Questo potrebbe rafforzare la legittimità dei Trust interni (istituiti in Italia con beni e soggetti italiani) o, al contrario, essere visto come un’alternativa che riduce la necessità del Trust. Il dibattito su questa relazione continuerà, riflettendo l’evoluzione del diritto patrimoniale italiano.
FISCALITÀ DELL’ATTO ISTITUTIVO DEL TRUST
L’atto istitutivo di un Trust è soggetto a un’imposta di registro fissa di 200 euro, come stabilito dall’articolo 13, comma 2, del DPR n. 131/1986 (Testo Unico dell’imposta di registro).
Nonostante le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate (Circolari 48/E/2007 e 61/E/2010), il trattamento fiscale del Trust, soprattutto riguardo all’imposta sulle donazioni, presenta ancora ambiguità. La tassazione dipende dal rapporto tra disponente e beneficiari identificati o determinabili.
Se i beneficiari sono indicati nell’atto istitutivo, il Trust è assimilato a una donazione. Nei Trust di scopo, senza beneficiari specifici, l’imposta di donazione è calcolata all’8% senza franchigia, risultando spesso penalizzante, dato che non c’è un arricchimento diretto.
Le aliquote e franchigie variano in base al grado di parentela:
- Beneficiari in linea retta (coniuge, figli, genitori): 4% sull’importo eccedente la franchigia di 1 milione di euro per ciascun beneficiario.
- Fratelli e sorelle: 6% sull’importo eccedente la franchigia di 100.000 euro.
- Altri parenti o soggetti senza legame di parentela: 8%, senza franchigia.
- Beneficiari con disabilità grave: franchigia di 1,5 milioni di euro, indipendentemente dal grado di parentela.
Ad esempio, un Trust di scopo per la ricerca scientifica potrebbe subire l’imposta all’8%, nonostante l’assenza di arricchimenti diretti. Nei Trust con beneficiari designati successivamente, l’aliquota al momento della designazione potrebbe causare duplicazioni d’imposta.
In caso di beni destinati a scopi filantropici o di pubblica utilità, sono possibili esenzioni fiscali, purché le finalità siano documentate e riconosciute. Tuttavia, l’assenza di linee guida precise complica l’applicazione delle agevolazioni.
In sintesi, sebbene la tassazione dell’atto istitutivo del Trust sia chiara sotto il profilo dell’imposta di registro, l’applicazione dell’imposta sulle donazioni rimane complessa, in particolare per Trust di scopo o con beneficiari designati successivamente. Queste criticità richiedono un’attenta pianificazione per evitare oneri fiscali non proporzionati e garantire una corretta conformità alle normative vigenti.
– LE ALIQUOTE APPLICABILI
Stabilite le aliquote da applicare all’atto istitutivo del trust, occorre determinare la base imponibile sulla quale calcolarle. Tale base varia a seconda del bene trasferito al trust, con possibili vantaggi fiscali.
- Immobili: La base imponibile è generalmente il valore catastale, salvo per le aree edificabili, e vi si applicano imposta di donazione, ipotecaria e catastale con un’aliquota complessiva del 3%, rendendo il regime vantaggioso per trasferimenti al Trust.
- Partecipazioni in Società: La base imponibile è il patrimonio netto contabile al momento del trasferimento, spesso più favorevole rispetto al valore di mercato.
- Aziende e Partecipazioni – Esenzione per Trasferimenti: L’art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346/1990 prevede esenzione fiscale per trasferimenti tra coniugi o genitori e figli, se l’attività prosegue per almeno 5 anni. Per società di capitali, l’esenzione vale solo per partecipazioni di controllo (oltre il 50%).
- Altri Beni: (i) Denaro e strumenti finanziari; (ii) Quote di fondi di investimento; (iii) Polizze assicurative; (iv) Beni preziosi.
La corretta determinazione della base imponibile è essenziale per calcolare le imposte. Per beni come immobili e partecipazioni, la base ridotta (valore catastale o contabile) consente vantaggi fiscali. Al contrario, per denaro e preziosi si applica il valore corrente di mercato, spesso più elevato.
IL TRUST E LA TASSAZIONE DEI REDDITI
Con l’istituzione di un trust, sui beni destinati si crea un vincolo che li separa dal patrimonio del trustee, destinandoli esclusivamente allo scopo indicato dal disponente. Questo vincolo garantisce che i beni non siano considerati parte del patrimonio personale del trustee, restando isolati dagli altri suoi beni. Dal punto di vista fiscale, i trust si distinguono in trasparenti e opachi, a seconda di come vengono gestiti i redditi e della loro attribuzione ai beneficiari.
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), approvato con DPR 917/1986 e modificato dalla Legge 160/2019, classifica il trust come un “soggetto” fiscale, equiparandolo a società o enti. Il trust, pertanto, può essere soggetto passivo per l’applicazione dell’IRES con aliquota ordinaria del 24% (2024). La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto obblighi più stringenti, incluse sanzioni per dichiarazioni incomplete o errate, ribadendo la necessità di una gestione fiscale accurata.
– TRUST TRASPARENTE
Un Trust è definito “trasparente” quando i redditi generati dai beni del trust o dall’attività del trustee sono immediatamente destinati ai beneficiari designati dal disponente. In tal caso, l’articolo 73 del DPR 917/1973 stabilisce che il reddito prodotto sia imputato ai beneficiari per competenza, ossia al momento della sua attribuzione, indipendentemente dall’effettiva percezione.
La Circolare n. 48/E del 6 agosto 2007 chiarisce che i beneficiari, pur non incassando effettivamente i redditi, devono comunque dichiararli come redditi di capitale, soggetti alle aliquote fiscali ordinarie in base al reddito complessivo individuale. Questa imputazione comporta che i redditi siano tassati al beneficiario anche se non sono stati materialmente percepiti. È importante che il trustee fornisca documentazione chiara e dettagliata, che dimostri la corretta imputazione dei redditi e consenta di evitare contenziosi fiscali.
Se i redditi derivano da strumenti finanziari già tassati (ad esempio tramite imposte sostitutive o ritenute alla fonte), tali redditi non concorrono alla base imponibile, evitando la doppia imposizione. Questo rappresenta un significativo vantaggio fiscale per i beneficiari.
La Legge di Bilancio 2023 ha rafforzato i controlli per garantire che l’imputazione dei redditi avvenga in modo trasparente, con obblighi per il trustee di rendicontare dettagliatamente tutte le operazioni. Inoltre, sono state previste sanzioni per la mancata comunicazione di redditi attribuibili ai beneficiari o per l’incompletezza dei dati forniti.
– TRUST OPACO
Un Trust è considerato “opaco” quando non vi è individuazione dei Beneficiari o quando i redditi non sono attribuiti a Beneficiari identificabili. In questa configurazione, il trust è tassato come soggetto autonomo, responsabile del pagamento dell’IRES (24% nel 2024). I redditi generati restano all’interno del Trust e vengono dichiarati come reddito d’impresa o redditi diversi, a seconda della loro natura.
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto misure più rigorose per i Trust opachi, includendo verifiche approfondite per assicurare che tutti i redditi siano correttamente dichiarati. L’Agenzia delle Entrate richiede che il trustee produca una documentazione contabile completa per ogni reddito prodotto dal trust, classificandolo in modo appropriato. I Trust opachi possono essere soggetti a ulteriori controlli fiscali, specialmente in presenza di investimenti o attività patrimoniali significative.
Il vantaggio del Trust opaco risiede nella possibilità di mantenere i redditi all’interno della struttura, ritardandone l’attribuzione ai beneficiari. Tuttavia, questa configurazione richiede una gestione fiscale molto accurata per evitare errori o omissioni che possano comportare sanzioni.
– COMBINAZIONE DI TRUST TRASPARENTE E OPACO
In alcune situazioni, un Trust può operare in una modalità ibrida, essendo trasparente per una parte dei redditi (quelli destinati a specifici beneficiari) e opaco per altri (quelli non attribuiti). Questa configurazione consente una maggiore flessibilità nella gestione del Trust, poiché permette di ottimizzare l’impatto fiscale attraverso un mix di redditi imputati e redditi trattenuti.
Le normative aggiornate richiedono una chiara separazione delle due tipologie di reddito, con obblighi di rendicontazione dettagliata sia per i redditi imputati ai beneficiari sia per quelli tassati in capo al Trust. La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto ulteriori obblighi di tracciabilità, imponendo ai trustee di fornire informazioni esaustive per evitare contestazioni. È essenziale che il trustee sia in grado di dimostrare in modo chiaro la proporzione tra redditi attribuiti ai beneficiari e redditi trattenuti dal Trust.
– CONSIDERAZIONI FISCALI GENERALI
La scelta tra Trust trasparente, opaco o una configurazione mista dipende dalle esigenze del disponente e dagli obiettivi del trust. Mentre il trust trasparente offre il vantaggio di una gestione più diretta della tassazione dei beneficiari, il trust opaco consente una maggiore flessibilità nella gestione patrimoniale, mantenendo i redditi all’interno della struttura.
Le modifiche normative degli ultimi anni, culminate con la Legge di Bilancio 2023, hanno reso indispensabile una pianificazione fiscale accurata e una gestione trasparente dei redditi. Beneficiari e trustee devono garantire conformità alle normative vigenti e sfruttare i vantaggi fiscali in modo documentato e lecito, evitando rischi di sanzioni o contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.
OBBLIGHI FISCALI DEL TRUST
Indipendentemente dalla sua natura (trasparente o opaco), il trust è tenuto a rispettare gli obblighi fiscali previsti dalla normativa fiscale italiana. Questi obblighi comprendono:
- Obbligo di tenuta della contabilità: Il Trustee è obbligato a tenere una contabilità accurata e a conservare i documenti giustificativi necessari per determinare correttamente i redditi e le imposte. La contabilità deve consentire di distinguere chiaramente i redditi imputati ai Beneficiari (nel caso di trust trasparente) e quelli tassati direttamente in capo al Trust (Trust opaco), come richiesto dalla Legge di Bilancio 2023.
- Presentazione della dichiarazione dei redditi: Il Trust deve presentare annualmente la dichiarazione dei redditi, come stabilito dal DPR 917/1986 (TUIR).
- Trust trasparente: i redditi sono imputati direttamente ai beneficiari, che li dichiarano in proporzione alle loro quote.
- Trust opaco: i redditi sono tassati direttamente in capo al trust, con aliquota IRES del 24% (2024).
- Codice fiscale: Ogni Trust deve essere dotato di un proprio codice fiscale, indispensabile per gli adempimenti fiscali e l’identificazione nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria.
- Partita IVA: Qualora il Trust svolga attività economiche o commerciali (ad esempio, gestione immobiliare soggetta a IVA o attività d’impresa), è obbligato ad aprire una partita IVA e a rispettare tutti gli obblighi correlati. Questi includono la registrazione delle operazioni, l’emissione dei documenti fiscali e il versamento dell’IVA dovuta.
Il trattamento fiscale del trust dipende dalla sua configurazione:
- Trust trasparente: i redditi sono imputati ai beneficiari, che sono tassati secondo le loro aliquote fiscali ordinarie. Il trustee è responsabile di garantire la corretta imputazione e la documentazione necessaria, in conformità alle norme sulla trasparenza.
- Trust opaco: i redditi restano all’interno del trust e sono tassati direttamente in capo al trust stesso. La corretta rendicontazione e la separazione dei flussi economici sono essenziali per evitare sanzioni.
Con l’istituzione del Trust si origina, sui beni destinati, un vincolo che vale a tenerli distinti dal restante patrimonio del trustee e che destina questi beni all’attuazione dello scopo indicato dal disponente. Questo vincolo, oltre a garantire una gestione autonoma, rende più agevole il rispetto degli obblighi fiscali, assicurando trasparenza e conformità normativa.
CONCLUSIONI
Il Trust e il Contratto di Affidamento Fiduciario sono strumenti giuridici preziosi per la protezione e gestione del patrimonio, offrendo soluzioni personalizzate a privati e aziende. Pur con finalità simili, le loro caratteristiche li rendono adatti a contesti diversi.
Il Trust, grazie alla sua versatilità, consente di separare e tutelare patrimoni destinati a specifici scopi, garantendo una gestione efficiente e una protezione adeguata. La configurazione come “trasparente” o “opaco” permette flessibilità fiscale, ma richiede una conoscenza approfondita per applicare correttamente le norme e ottimizzare i benefici fiscali, evitando problematiche legali o fiscali. Il Contratto di Affidamento Fiduciario, meno complesso, è utile per affidare beni a un fiduciario senza creare strutture articolate, risultando efficace in ambiti come la protezione patrimoniale o la pianificazione successoria.
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Matteo Rinaldi afferma: «Non viviamo più in un’epoca in cui le questioni legali e fiscali possono essere affrontate e “sistemate” a posteriori: i rischi sono ormai troppo alti, e le soluzioni tardive risultano lunghe, complesse e particolarmente onerose».
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