PROTEZIONE PATRIMONIALE E SUCCESSIONE AZIENDALE: IL RUOLO DEL TRUST

31.08.2024
Matteo Rinaldi
Il Trust è una scelta strategica per proteggere il patrimonio e garantire la successione aziendale. Con la segregazione patrimoniale, isola i beni dai rischi esterni, ottimizzando la gestione fiscale e patrimoniale a lungo termine. Un Trust ben strutturato tutela il patrimonio, assicura la continuità familiare e aziendale, offrendo una protezione duratura e una pianificazione efficace per le generazioni future.
COS’È IL TRUST E COME PROTEGGE IL PATRIMONIO E LA SUCCESSIONE
SOGGETTI DEL TRUST: LE FIGURE CHE NE DETERMINANO L’EFFICACIA
Un Trust è composto da soggetti chiave, ognuno dei quali ha un ruolo definito e responsabilità precise. Comprendere i ruoli di ciascuno è essenziale per il successo del Trust e per garantire che funzioni come strumento di protezione patrimoniale.
Il disponente è la figura centrale che istituisce il Trust. È lui che trasferisce i beni e definisce le finalità, le modalità di gestione e i beneficiari. Una volta conferiti, i beni escono dal patrimonio del disponente e diventano parte di un’entità separata, che non può essere aggredita dai creditori né confusa con il patrimonio degli altri soggetti coinvolti.
Il trustee riceve la titolarità legale dei beni e li amministra in conformità con quanto stabilito nell’atto istitutivo. La sua responsabilità è chiara: non può usare i beni per fini propri né disporne liberamente. Deve gestirli con diligenza e trasparenza, ed è cruciale che sia scelto un trustee competente e affidabile. Se il trustee non agisce correttamente, l’intero Trust perde la sua efficacia, compromettendo la protezione patrimoniale.
I beneficiari sono coloro che ricevono gli effetti economici del Trust. Possono essere nominati sin dall’inizio o in base a criteri successivi. I diritti dei beneficiari devono essere definiti con chiarezza per evitare conflitti futuri e garantire una distribuzione equa e trasparente.
Il guardiano, se previsto, ha il ruolo di supervisore. Non gestisce i beni, ma monitora l’operato del trustee, con poteri di approvazione, verifica o revoca, a seconda di quanto stabilito nell’atto istitutivo. La sua presenza è consigliata per garantire che le decisioni siano sempre in linea con gli obiettivi del Trust.
Un Trust solido nasce dalla coerenza tra questi ruoli. Ogni incarico deve essere definito con precisione, e i soggetti coinvolti devono essere scelti in base alle loro competenze e alla loro visione a lungo termine. Un errore comune è considerare questi ruoli come formalità. In realtà, sono la base portante di tutta la struttura del Trust e determinano il successo o il fallimento dell’intera operazione.
COME SCEGLIERE IL TRUST: UNA SCELTA STRATEGICA E MIRATA
Scegliere di istituire un Trust non significa seguire una moda giuridica né applicare una soluzione preconfezionata. È una decisione strategica che richiede attenzione e valutazione accurata. Il Trust deve rispondere a esigenze specifiche di protezione patrimoniale, successione familiare o continuità aziendale.
Un Trust è uno strumento potente, ma non adatto a tutti i patrimoni. La sua efficacia dipende dalla progettazione e dal modo in cui si inserisce in un quadro strategico più ampio. Può essere il tassello ideale per completare una solida architettura patrimoniale, fondata su holding o società semplice. In altri casi, potrebbe risultare eccessivo o controproducente.
La domanda non è “funziona il Trust?”, ma “Quando è opportuno utilizzarlo, con quali beni e per quale obiettivo strategico?”. Una pianificazione accurata evita che il Trust diventi un semplice strumento formale e inefficace.
Il errore più comune è scegliere il Trust senza una visione globale del patrimonio. Se non si considerano le implicazioni fiscali, familiari e aziendali, si rischiano costi inutili e inefficienze. Il Trust deve essere parte di un disegno patrimoniale personalizzato, integrato con ogni elemento: beni, soggetti coinvolti e obiettivi strategici.
Un Trust ben progettato non solo protegge il patrimonio, ma lo ottimizza nel tempo, garantendo una gestione fiscale efficiente e una successione intergenerazionale fluida. La sua forza sta nell’integrazione con altri strumenti giuridici: holding per la gestione aziendale, società semplice per la protezione domestica o soluzioni fiduciari per la gestione delle risorse liquide.
QUANDO NON FARE IL TRUST: ERRORI DI VALUTAZIONE DA EVITARE
Il Trust è uno strumento sofisticato, ma non universale. Non tutte le situazioni patrimoniali necessitano della sua applicazione. Comprendere quando non utilizzare il Trust è essenziale per una pianificazione patrimoniale professionale e consapevole. Il primo errore è pensare che il Trust sia la soluzione per ogni esigenza. In realtà, se applicato male, può generare inefficienze, conflitti e danni fiscali.
Non è necessario istituire un Trust quando gli asset sono già organizzati in strutture giuridiche efficaci, come una Holding familiare o una Società Semplice. In questi casi, la protezione patrimoniale, la continuità aziendale e la segregazione intergenerazionale possono essere garantite con soluzioni più semplici e meno onerose.
Il Trust diventa inadeguato quando manca chiarezza nelle finalità. Se il disponente non ha definito con precisione chi, come e quando dovrà ricevere il patrimonio, un Trust potrebbe creare più confusione che ordine. Inoltre, la rigidità del Trust può complicare la governance patrimoniale, soprattutto in famiglie con conflitti non risolti o esigenze future imprevedibili.
Utilizzare il Trust per finalità elusive è un errore grave. Il Trust non è uno strumento per eludere il fisco, ma per proteggere un patrimonio e garantire una successione ben definita. Se usato esclusivamente per ridurre l’imposizione fiscale, espone il disponente a contestazioni fiscali, sanzioni e invalidazione del Trust. Le autorità fiscali italiane sono molto attente all’uso improprio degli strumenti giuridici, e un Trust senza una solida giustificazione patrimoniale può essere facilmente riqualificato come atto fittizio.
In alcune giurisdizioni, i Trust possono essere soggetti a normative restrittive o controlli invasivi che ne comprometterebbero l’efficacia. In questi casi, strumenti alternativi come il diritto societario o soluzioni fiduciari possono risultare più adeguati. Non esiste uno strumento perfetto, ma solo quello più adatto alle specifiche necessità del patrimonio e del contesto normativo.
ISTITUIRE UN TRUST: PASSAGGI FONDAMENTALI E SCELTE STRATEGICHE
Istituire un Trust non è un processo automatico né una formalità burocratica, ma una decisione strategica che richiede una pianificazione accurata e una visione chiara degli obiettivi patrimoniali. La creazione di un Trust implica una separazione patrimoniale che deve rispondere a scopi concreti, non a soluzioni generiche.
Il primo passo nella creazione di un Trust è selezionare i beni da conferire. Solo beni giuridicamente trasferibili e già nella disponibilità del disponente possono essere inclusi nel Trust. Questi beni possono comprendere immobili, partecipazioni societarie, strumenti finanziari, liquidità e anche collezioni d’arte o fondi specifici destinati a finalità precise. È essenziale che ogni bene conferito sia identificato chiaramente e tracciabile, senza lasciare spazio a vaghezza o ambiguità.
La scelta degli asset deve essere finalizzata a obiettivi patrimoniali chiari. Le partecipazioni societarie, per esempio, possono essere conferite per garantire la continuità gestionale e la coesione familiare. Gli immobili possono essere destinati a generare rendite che finanziano attività educative o assistenziali per i beneficiari designati. La liquidità può essere vincolata per far fronte a eventi critici o per finanziare nuove iniziative.
Una volta scelti i beni, il passo successivo è la redazione dell’atto istitutivo. Questo documento deve essere scritto con precisione tecnica, evitando modelli precompilati. L’atto istitutivo non è solo un contratto, ma la base giuridica che stabilisce la durata, lo scopo e le regole di gestione del Trust. Definisce i poteri del trustee, i diritti dei beneficiari e le modalità di distribuzione. Ogni aspetto deve essere pensato per garantire la stabilità e l’adattabilità del Trust alle dinamiche familiari, aziendali e fiscali.
Durante la durata del Trust, la gestione degli asset non è passiva. Il trustee, se autorizzato, può vendere, affittare, acquistare nuovi beni o riequilibrare il portafoglio, sempre seguendo le regole stabilite nell’atto istitutivo e rispettando lo scopo del Trust. La struttura del Trust deve garantire una flessibilità operativa, permettendo al trustee di adattarsi a nuove necessità senza compromettere la protezione patrimoniale.
Un Trust efficace non è costruito con approssimazioni, né con soluzioni standardizzate. Ogni errore, sia nella definizione degli asset che nell’impostazione delle clausole, può compromettere l’intera struttura. La protezione patrimoniale effettiva dipende dalla progettazione metodica, dall’attenzione ai dettagli e dalla visione chiara e lungimirante.
ATTO ISTITUTIVO DEL TRUST: CLAUSOLE CHIAVE E STRATEGIE DI PROTEZIONE
L’atto istitutivo del Trust non è un semplice documento burocratico, ma il cuore strategico della protezione patrimoniale. In questo atto si stabilisce la struttura giuridica e operativa del Trust, determinando se il patrimonio sarà realmente protetto o rimarrà esposto. Ogni clausola deve essere pensata per rispondere a scenari concreti, evitando genericità e ambiguità.
Un atto istitutivo efficace definisce chiaramente la durata del Trust, il suo scopo, i poteri e i limiti del trustee, nonché i diritti dei beneficiari. Inoltre, regola le modalità di distribuzione dei beni e prevede meccanismi di controllo, sostituzione del trustee e intervento del guardiano. Ogni aspetto deve essere calibrato sugli asset e sugli obiettivi, poiché un errore in questa fase compromette l’intera struttura, esponendola a possibili contestazioni o conflitti futuri.
Nel caso di patrimoni complessi, come partecipazioni societarie, immobili rilevanti o strutture familiari articolate, l’atto istitutivo deve includere clausole avanzate. Le distribuzioni, per esempio, possono essere condizionate al raggiungimento di obiettivi specifici da parte dei beneficiari, o può essere previsto un accesso differenziato alle risorse a seconda del ruolo o della situazione del beneficiario. È fondamentale stabilire limiti rigorosi per la sostituzione del trustee e poteri ampliati per il guardiano, che deve essere in grado di intervenire in caso di conflitti o gestione inadeguata.
Dal punto di vista fiscale, l’atto istitutivo deve essere compatibile con le normative italiane, in particolare l’articolo 73 del TUIR. Deve essere valutato se configurare il Trust come “trasparente” o “opaco”, e deve stabilire chiaramente la destinazione finale dei beni. È inoltre cruciale che il Trust sia opponibile a terzi, come previsto dall’articolo 2645-ter del codice civile, per evitare che il patrimonio venga aggredito da creditori esterni.
Scrivere un atto istitutivo ben strutturato non è una mera formalità, ma una vera e propria ingegneria giuridica. Richiede esperienza, competenza tecnica e una visione patrimoniale lungimirante. Solo con un atto istitutivo redatto con attenzione si può garantire che il Trust funzioni come previsto, difendendo il patrimonio nel tempo e adattandosi a cambiamenti familiari, legali o fiscali. Senza questa precisione, il Trust rischia di diventare una facciata priva di efficacia nella protezione patrimoniale.
IL RUOLO DEL TRUSTEE: POTERI, RESPONSABILITÀ E SCELTE STRATEGICHE
Nel contesto di un Trust, il trustee riveste un ruolo cruciale. Non è solo un amministratore dei beni, ma detiene la titolarità giuridica degli asset conferiti e li gestisce secondo le istruzioni dell’atto istitutivo, con l’obiettivo di tutelare gli interessi dei beneficiari e rispettare la volontà del disponente. La sua responsabilità va oltre la mera gestione amministrativa: è il custode del patrimonio e della sua evoluzione nel tempo.
Il trustee deve agire con diligenza, trasparenza e imparzialità, senza conflitti di interesse. Le sue decisioni devono essere conformi alle finalità stabilite nell’atto istitutivo, evitando ogni tipo di arbitrio. La sua responsabilità si estende dalla gestione degli asset alla distribuzione delle risorse ai beneficiari e alla supervisione fiscale. Un trustee che non rispetta questi obblighi può essere revocato e ritenuto responsabile per danni patrimoniali, reputazionali o legali.
Nel caso di patrimoni complessi, come partecipazioni societarie, immobili di pregio o strutture familiari articolate, il trustee non agisce in modo passivo. Deve possedere competenze giuridiche, fiscali e finanziarie per gestire situazioni in continuo mutamento. Può essere chiamato a vendere asset, riorganizzare partecipazioni societarie, gestire conflitti familiari o rispondere a nuovi scenari fiscali o legali. Ogni sua decisione ha un impatto diretto sulla protezione patrimoniale, sulla fiscalità e sulla continuità aziendale.
La nomina del trustee deve essere fatta con molta attenzione. Un trustee non deve essere scelto solo sulla base della fiducia, ma anche in funzione delle competenze necessarie per la gestione del trust. Quando il patrimonio è particolarmente complesso, si consiglia di affidarsi a professionisti esterni con esperienza in ambito giuridico e fiscale, capaci di gestire il trust con una visione strategica a lungo termine. La nomina di un trustee inadeguato può compromettere l’intera struttura, facendo perdere al trust la sua funzione di protezione patrimoniale e segregazione patrimoniale.
Il trustee è anche responsabile della gestione fiscale del trust. Deve essere in grado di gestire correttamente gli adempimenti fiscali, decidendo se mantenere il trust in una posizione trasparente o opaca a fini fiscali, e affrontando eventuali controlli da parte delle autorità fiscali. Una gestione fiscale errata può comportare significativi rischi per il trust e i suoi beneficiari.
Un aspetto fondamentale è la presenza di figure di controllo accanto al trustee. Nei trust più complessi, è consigliabile nominare un guardiano o un comitato consultivo per monitorare l’operato del trustee. Il guardiano agisce come supervisore indipendente e ha il potere di intervenire nel caso in cui il trustee non agisca correttamente. La presenza di tali figure aggiunge un ulteriore livello di protezione, garantendo che le decisioni siano sempre allineate agli scopi originari del trust.
In definitiva, il trustee è il cuore operativo di un trust. Il suo ruolo non si limita alla gestione, ma è centrale per garantire che il trust funzioni correttamente nel tempo, sia fiscalmente efficace e risponda agli scopi patrimoniali del disponente. È la persona che mette in pratica la visione strategica, facendolo con competenza, discrezione e affidabilità.
RISCHI E CRITICITÀ NELLA GESTIONE DEL TRUST
La gestione di un trust non è priva di rischi. Sebbene l’atto istitutivo stabilisca una struttura giuridica solida, è durante la gestione operativa che si gioca la vera protezione del patrimonio. Errori in questa fase possono compromettere l’intero sistema.
Il primo rischio è l’uso di modelli standardizzati. Un atto istitutivo generico, non personalizzato alle esigenze del patrimonio, può aprire la strada a interpretazioni ambigue e contestazioni legali. Ogni trust deve essere progettato su misura, con clausole chiare che rispondano ai bisogni particolari del disponente e dei beneficiari.
Un altro rischio rilevante riguarda la nomina di un trustee inadeguato. Se il trustee non è preparato, non conosce la gestione di patrimoni complessi o non è in grado di adattarsi a nuove esigenze fiscali o familiari, il trust rischia di fallire. La selezione del trustee è una delle fasi più cruciali nella creazione di un trust e deve essere effettuata con attenzione, considerando le competenze giuridiche, fiscali e patrimoniali.
La gestione fiscale rappresenta un’altra criticità. L’uso improprio del trust o una gestione fiscale superficiale possono portare a sanzioni, contestazioni o alla perdita della segregazione patrimoniale. È essenziale che il trust rispetti le normative fiscali vigenti, in particolare l’articolo 73 del TUIR, per evitare problemi con l’Agenzia delle Entrate.
Infine, l’inerzia è un altro pericolo. Un trust che non viene monitorato, aggiornato o adattato ai cambiamenti familiari, patrimoniali o fiscali perde la sua efficacia. La protezione patrimoniale deve essere dinamica, non statica. Senza monitoraggio costante, i beneficiari potrebbero trovarsi in difficoltà nel caso di eventi imprevisti o cambiamenti normativi.
Per evitare questi rischi, è fondamentale affidarsi a un consulente patrimoniale esperto. L’advisor giuridico-fiscale svolge un ruolo centrale nel garantire la corretta gestione del trust, nel monitorare costantemente le normative fiscali e legali, e nel verificare che le clausole siano adeguate alle esigenze e agli scopi del trust.
QUANDO NON FARE UN TRUST: ERRORI DA EVITARE
Il Trust è uno strumento potente, ma non è adatto per ogni situazione patrimoniale. Utilizzarlo senza una valutazione accurata può portare a soluzioni inefficaci, complesse e costose. È fondamentale sapere quando non istituirlo per evitare errori che potrebbero compromettere la protezione patrimoniale e generare inefficienze.
Il primo errore è pensare che il Trust sia la soluzione universale per ogni patrimonio. Non tutti i patrimoni necessitano di una protezione complessa come quella offerta da un trust. In caso di patrimoni semplici, con pochi beni e beneficiari, la creazione di un trust può risultare superflua. Soluzioni più snelle, come Società Semplici o Holding familiari, sono più efficaci e meno onerose.
Un altro errore comune è usare il Trust come una scorciatoia fiscale. Il Trust non è progettato per ridurre le imposte, ma per proteggere il patrimonio e garantire la successione patrimoniale. Usarlo esclusivamente per eludere il fisco può risultare controproducente. Le autorità fiscali italiane sono particolarmente attente nell’esaminare i Trust che non rispondono a obiettivi patrimoniali legittimi, rischiando l’invalidazione o sanzioni per abuso fiscale.
Inoltre, non è consigliato istituire un Trust in contesti familiari disorganizzati o quando manca una visione condivisa. Se i membri della famiglia non hanno una cultura della governance patrimoniale o non sono allineati sulla gestione del patrimonio, il Trust potrebbe diventare un terreno fertile per conflitti e litigi. La creazione di un Trust dovrebbe essere preceduta da un dialogo chiaro e aperto tra tutti i soggetti coinvolti.
Un altro errore è istituire un Trust quando la complessità del patrimonio supera i benefici. Se un patrimonio è relativamente semplice e non presenta rischi particolari, il Trust potrebbe risultare eccessivo. Strumenti più semplici, come fondi patrimoniali o polizze assicurative, potrebbero essere più adatti.
Infine, è importante considerare che un Trust richiede una gestione attiva e una pianificazione a lungo termine. La sua efficacia dipende dalla qualità della gestione e dalla costante attenzione ai cambiamenti fiscali, giuridici e familiari. Se non si è disposti a monitorarlo, potrebbe non essere la soluzione giusta.
In conclusione, il Trust è uno strumento utile, ma non sempre necessario. È fondamentale un’analisi accurata del patrimonio e degli obiettivi. Solo un consulente patrimoniale esperto può guidarti nella scelta dello strumento giuridico più adatto, evitando l’uso improprio del Trust e garantendo che il patrimonio venga protetto in modo efficace.
IL COSTO DI UN TRUST: QUANDO IL VALORE SUPERA IL PREZZO
Parlare del costo di un Trust ha senso solo se si comprende cosa rappresenta realmente. Non è un semplice documento giuridico, ma un sistema articolato. Non si acquista un Trust, ma lo si progetta. Il suo valore non si misura in euro, ma nella capacità di difendere, trasmettere e governare un patrimonio nel tempo.
Il primo investimento riguarda la redazione dell’atto istitutivo. Nei patrimoni articolati – con partecipazioni societarie, immobili rilevanti, asset finanziari e beneficiari con esigenze diverse – la scrittura del Trust richiede una personalizzazione estrema. Non si parte da un modello preconfezionato, ma si costruisce un atto su misura con clausole calibrate. Il costo, in questi casi, può variare da 10.000 a oltre 40.000 euro. Non si tratta di una spesa, ma dell’investimento in ingegneria patrimoniale.
Segue il costo della gestione. Il trustee, figura chiave nella struttura, non è un amministratore qualsiasi. È responsabile dell’esecuzione delle volontà del disponente, della gestione degli asset e del rispetto dei vincoli fiscali e civilistici. Il suo compenso annuale, nei trust complessi, può variare tra 3.000 e 15.000 euro, a seconda della dimensione patrimoniale e delle funzioni operative richieste. Non si paga per il ruolo, ma si investe per garantire continuità e neutralità.
Ci sono poi i costi indiretti: notarili, fiscali, consulenze per beni atipici, perizie e attività accessorie. In strutture con partecipazioni aziendali o immobili ad alta intensità fiscale, questi costi diventano parte integrante del progetto. Tuttavia, l’elemento più determinante non è quanto si spende, ma perché si spende.
Il Trust diventa veramente efficace solo se integrato in una struttura più ampia. Una holding familiare per la gestione aziendale, una società semplice per la protezione domestica, una private insurance per la tutela della liquidità: quando il Trust dialoga con questi strumenti, ogni euro investito diventa leva strategica, e ogni parte del sistema rafforza l’altra.
Il vero errore è ridurre tutto a una cifra. Chi ragiona solo in termini di costo, senza valutare il danno potenziale di una struttura inefficace o inesistente, si espone a frammentazione ereditaria, aggressioni legali, e inefficienza fiscale. In molti casi, non avere un Trust costa di più che averlo.
Il Trust è per chi sa che il proprio patrimonio non è un semplice insieme di beni, ma una responsabilità. Per chi vuole garantire ai figli non solo ricchezza, ma metodo. Per chi desidera governare, non semplicemente possedere. E per chi pretende che la protezione patrimoniale sia reale, non illusoria.
CASO REALE: TRUST INTERGENERAZIONALE E PROTEZIONE PATRIMONIALE
Nel 2022, Giulia, imprenditrice nel settore tessile, ha scelto di strutturare una soluzione patrimoniale con Matteo Rinaldi per proteggere il suo patrimonio, prevenire conflitti familiari e ridurre i rischi giuridico-fiscali. Con due figli minorenni, una separazione complicata e una holding familiare che controlla due società operative, immobili di pregio e liquidità elevata, l’obiettivo era proteggere senza fermare la crescita.
Il primo passo è stato ottimizzare la Holding: razionalizzazione degli utili, clausole di lock-up, diritto di gradimento per nuovi soci e strutturazione fiscale per il regime PEX. È stata potenziata la governance familiare, riducendo i rischi di contenzioso successorio e incentivando il reinvestimento.
Nel 2024, Giulia ha istituito un Trust intergenerazionale per proteggere gli asset a lungo termine. Il trust ha previsto il conferimento selettivo di partecipazioni societarie, la villa storica (con usufrutto per Giulia), un immobile a reddito a Venezia per finanziare attività educative e una liquidità vincolata, disponibile solo in caso di eventi straordinari.
Il trust non garantisce benefici automatici: ogni erogazione è condizionata al raggiungimento di obiettivi specifici. È una struttura che educa alla responsabilità, non un semplice strumento di accumulo. La gestione è affidata a un trustee professionale, supervisato da un guardiano con poteri di blocco, garantendo che ogni clausola resista a ispezioni e contenziosi, e possa adattarsi alle variazioni fiscali.
Oggi, quel patrimonio non è solo protetto, ma governato. Nessun rischio successorio, nessuna disgregazione, nessun contenzioso. Giulia non ha solo lasciato beni, ma una struttura solida e una visione chiara per le generazioni future.
TRUST E SUCCESSIONE AZIENDALE: GARANTIRE IL CONTROLLO OLTRE LA VITA
Nelle imprese familiari, il problema non è la gestione quotidiana, ma ciò che accade dopo la morte del fondatore. Se non pianificato, l’ingresso degli eredi può portare a conflitti, frammentazione delle quote e paralisi nelle decisioni, con il rischio che l’impresa smetta di crescere o addirittura scompaia.
Il Trust, se progettato con metodo, risolve questo problema. Non solo protegge i beni, ma garantisce un passaggio generazionale controllato. Inserendo partecipazioni societarie o holding nella struttura, il disponente definisce chi guiderà l’impresa in futuro, stabilendo regole chiare e obiettivi da raggiungere per acquisire potere decisionale.
Il Trust non anticipa la successione, ma la governa. I beneficiari non diventano automaticamente soci o amministratori. L’accesso ai benefici è subordinato al raggiungimento di obiettivi concreti: esperienze professionali, percorsi formativi specifici, maturità personale. Questo impedisce che quote e poteri finiscano in mani inesperte o che l’impresa venga allargata a figure estranee alla visione originale.
Il trust può anche consentire la permanenza di manager esterni, la protezione degli asset strategici e la nomina di comitati consultivi che guidano l’impresa fino a quando i beneficiari sono pronti. La governance non termina con la morte del fondatore, ma continua secondo criteri predeterminati, integrando le volontà personali con le esigenze aziendali.
Rispetto al patto di famiglia, spesso difficile da gestire con figli minori o disaccordi, il trust offre maggiore riservatezza, flessibilità e resistenza agli imprevisti. Combinato con statuti societari blindati, holding di controllo e advisor indipendenti, il trust diventa la chiave per garantire che l’impresa non solo sopravviva, ma continui a generare valore.
Il Trust è dove la protezione patrimoniale incontra la visione imprenditoriale. Non si tratta di fare testamento, ma di costruire oggi le condizioni per evitare la diluizione del patrimonio aziendale, proteggendolo da conflitti e imprevisti. Il trust non risolve tutto, ma se inserito nel giusto disegno, fa la differenza tra continuità e dissoluzione dell’impresa.
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In un contesto globale dove i rischi patrimoniali sono sempre più sofisticati, tutelare il proprio patrimonio non è più un’opzione, ma una responsabilità strategica. Una pianificazione patrimoniale evoluta consente non solo di proteggere gli asset da minacce esterne, ma anche di ottimizzare la fiscalità e garantire continuità familiare e controllo intergenerazionale.
Matteo Rinaldi, advisor patrimoniale con Master in Avvocato d’Affari e specializzazione in Family Office, è riconosciuto in Italia per la sua creatività giuridica nella progettazione di strutture evolute. Con base a Milano, uno dei principali centri finanziari europei, affianca imprenditori e famiglie complesse con una visione globale e soluzioni su misura.
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