IL PASSAGGIO GENERAZIONALE DI IMPRESE E PATRIMONI: RISCHI E OPPORTUNITÀ

liquidazione della quota del socio

Data
16.02.2025

Autore
Matteo Rinaldi

Il passaggio generazionale è una fase cruciale per imprenditori, professionisti e famiglie con patrimoni strutturati. La recente riforma ha introdotto nuove agevolazioni fiscali, ma ha lasciato irrisolti i nodi interpretativi su Società Semplici e Holding non operative. In questa guida, analizziamo i rischi, le opportunità e le strategie per pianificare con efficacia la successione di patrimoni complessi.

STRATEGIE FISCALI, STRUMENTI GIURIDICI E SOLUZIONI PER LA SUCCESSIONE

Il passaggio generazionale rappresenta una delle fasi più complesse e delicate per imprenditori, professionisti e famiglie con patrimoni strutturati. Una gestione errata o tardiva può compromettere non solo la stabilità economica e la continuità gestionale dell’impresa, ma anche generare conseguenze fiscali rilevanti e incertezze giuridiche che minano la trasmissione ordinata del patrimonio.

La recente riforma introdotta dal D.Lgs. n. 139/2024, che ha modificato il D.Lgs. n. 346/1990 (TUS – Testo Unico sulle Successioni e Donazioni), ha aperto nuove prospettive in tema di agevolazioni fiscali per il trasferimento generazionale di aziende e partecipazioni societarie. Tuttavia, ha lasciato irrisolti diversi nodi critici, in particolare per le strutture patrimoniali senza attività d’impresa, come le Società Semplici e le  Holding patrimoniali di mero godimento.

Oggi, molti imprenditori e professionisti utilizzano queste forme societarie per proteggere e amministrare i propri beni, ma non è ancora chiaro se i trasferimenti delle relative quote possano beneficiare del regime di favore previsto per le imprese operative. Comprendere queste dinamiche è essenziale per chi desidera garantire continuità, efficienza fiscale e sicurezza giuridica alla propria struttura patrimoniale e al passaggio di ricchezza alle nuove generazioni.

In questo articolo analizziamo in profondità le implicazioni fiscali e giuridiche del passaggio generazionale, le principali interpretazioni della normativa, le strategie di pianificazione patrimoniale più efficaci, i casi pratici e le simulazioni più ricorrenti, nonché un confronto con gli ordinamenti europei e le possibili proposte di riforma. Se gestisci un patrimonio con partecipazioni societarie, immobili, liquidità o fondi attraverso una Società Semplice o una Holding patrimoniali, questa guida è uno strumento essenziale per evitare errori costosi e costruire un futuro solido e tutelato.


LE SOCIETÀ SENZA IMPRESA: UN VUOTO NORMATIVO DA COLMARE

Le Società Semplici rappresentano oggi uno degli strumenti più utilizzati da imprenditori, professionisti e famiglie evolute per la gestione e la protezione patrimoniale, soprattutto in presenza di immobili, partecipazioni in società operative, fondi e liquidità. Tuttavia, la loro efficacia nel contesto della pianificazione successoria è oggi messa in discussione dalla normativa vigente.

Il nodo cruciale riguarda la mancanza di attività d’impresa. Ai fini dell’art. 3, comma 4-ter, TUS, per ottenere l’esenzione dall’imposta di successione e donazione, è richiesto che l’attività aziendale prosegua per almeno cinque anni. Ma nel caso di una società senza attività economica, come appunto la Società Semplice o la Holding patrimoniale passiva, non esiste un’attività “da continuare”, con conseguente esclusione, secondo l’interpretazione più rigida, dall’agevolazione fiscale.

Se questa interpretazione restrittiva dovesse consolidarsi, le famiglie che hanno strutturato il proprio patrimonio attraverso Società Semplici si troverebbero a dover sostenere un onere tributario rilevante, applicando le aliquote ordinarie dell’imposta di successione e donazione:

Beneficiario Aliquota Franchigia
Coniuge e figli 4% 1.000.000 €
Fratelli e sorelle 6% 100.000 €
Altri parenti fino al 4° grado 6% Nessuna
Soggetti estranei 8% Nessuna

Questo quadro crea un evidente svantaggio fiscale per chi ha adottato una Società Semplice come strumento di protezione patrimoniale, rispetto alle imprese familiari con attività operativa, che invece possono accedere all’esenzione. La disparità è tanto più rilevante se si considera che molte Società Semplici svolgono una gestione patrimoniale attiva e strategica, pur non qualificandosi formalmente come imprese.

In assenza di un intervento normativo o interpretativo chiarificatore, il rischio è quello di una penalizzazione generalizzata per tutte quelle strutture patrimoniali moderne, che pur non producendo redditi d’impresa, svolgono un ruolo fondamentale nella tutela intergenerazionale del patrimonio.

L’incertezza normativa non può essere ignorata: per chi possiede una Società Semplice o una Holding familiare non operativa, è necessario ripensare l’impianto successorio, valutando se la struttura è coerente con gli obiettivi di continuità e se esistono margini per documentare una gestione patrimoniale organizzata, in linea con i principi richiesti per l’esenzione.


LE POSSIBILI INTERPRETAZIONI DELLA NORMATIVA

L’attuale formulazione dell’art. 3, comma 4-ter del Testo Unico delle Successioni e Donazioni lascia spazio a interpretazioni divergenti sull’applicazione dell’agevolazione fiscale per successione e donazione in presenza di strutture societarie non operative, come le Società Semplici e le Holding patrimoniali.

Il nodo centrale è rappresentato dalla condizione di prosecuzione dell’attività per cinque anni, imposta per poter beneficiare dell’esenzione. Ma nel caso di strutture che, per loro natura, non esercitano attività d’impresa, è lecito domandarsi: quale attività dovrebbe essere proseguita?

Due sono le letture oggi in discussione:

  • Lettura restrittiva → L’agevolazione si applica solo a chi esercita un’attività imprenditoriale in senso proprio. In quest’ottica, le Società Semplici, in quanto enti di gestione patrimoniale passiva, sarebbero escluse dall’esenzione, così come le Holding di mero godimento, se non dimostrano un’attività gestionale attiva e continuativa.
  • Lettura estensiva → Poiché la norma non esclude espressamente queste strutture, l’agevolazione potrebbe estendersi anche a chi utilizza società patrimoniali per finalità familiari, a condizione che l’organizzazione del patrimonio sia strutturata e funzionale alla continuità. In altre parole, la gestione patrimoniale evoluta potrebbe essere assimilata, nei fatti, a un’attività economica rilevante.

Il problema, però, è l’assenza di criteri oggettivi per stabilire quando una gestione patrimoniale sia sufficientemente organizzata da giustificare il riconoscimento dell’esenzione. L’Agenzia delle Entrate, pur avendo fornito alcuni chiarimenti negli interpelli, non ha definito parametri chiari. La conseguenza? Un’ampia discrezionalità interpretativa da parte degli uffici territoriali, e il rischio concreto di contenzioso fiscale al momento della successione o donazione.

Un chiarimento normativo sarebbe auspicabile. L’introduzione di linee guida specifiche, o di un criterio univoco per valutare l’“attività organizzata” in ambito patrimoniale, permetterebbe a imprenditori e famiglie di strutturare la successione in modo conforme, riducendo i margini di rischio e garantendo maggiore certezza nelle scelte.

Nel frattempo, chi possiede Società Semplici, Holding non operative, partecipazioni societarie familiari o asset immobiliari aggregati in forma societaria, deve affidarsi a una valutazione professionale e costruire un impiego giuridico e fiscale coerente con i principi dell’agevolazione. Solo così è possibile pianificare la successione con efficacia, anche in un contesto normativo imperfetto.


EVOLUZIONE STORICA DELLA NORMATIVA SUL PASSAGGIO GENERAZIONALE

La disciplina fiscale del passaggio generazionale nelle imprese familiari non è sempre esistita nel nostro ordinamento. La sua evoluzione normativa riflette le trasformazioni economiche, sociali e culturali dell’Italia e l’esigenza crescente di tutelare la continuità aziendale in un contesto globale sempre più competitivo.

In origine, il D.Lgs. n. 346/1990 (Testo Unico delle Successioni e Donazioni – TUS) non prevedeva alcun beneficio per il trasferimento di aziende o partecipazioni societarie. L’imposizione fiscale era piena e uniforme, senza distinguere tra trasferimenti meramente patrimoniali e quelli funzionali alla prosecuzione dell’attività d’impresa.

Il primo passo verso un sistema più evoluto avvenne con:

  • Legge Finanziaria 2007, che introdusse l’esenzione dall’imposta di successione e donazione per il trasferimento di aziende e partecipazioni qualificate, a condizione che l’attività fosse proseguita per almeno cinque anni dagli eredi.
  • Legge Finanziaria 2008, che ampliò la platea dei beneficiari, estendendo l’agevolazione al coniuge, oltre che ai discendenti, rafforzando così la logica familiare dell’esenzione.
  • Negli anni successivi, il legislatore intervenne in modo più frammentario, lasciando spesso agli interpelli e alla giurisprudenza il compito di chiarire casistiche complesse, tra cui quelle delle Holding di mero godimento e delle Società Semplici.
  • Infine, il D.Lgs. 139/2024 ha rappresentato un momento di svolta, introducendo nuovi criteri per l’applicazione dell’esenzione ma senza risolvere, in modo chiaro, il trattamento delle strutture che non esercitano attività d’impresa, aprendo così una nuova stagione interpretativa.

Questa traiettoria normativa dimostra una crescente attenzione per la successione aziendale come fattore cruciale per la tenuta del sistema produttivo italiano. Tuttavia, l’assenza di un’interpretazione univoca continua a creare criticità per chi gestisce patrimoni familiari complessi tramite Holding patrimoniali o Società Semplici.

In questo contesto, la storia normativa non è solo una cronaca di riforme, ma un indicatore della direzione da prendere: riconoscere e tutelare la continuità nella gestione del patrimonio familiare, anche in assenza di un’attività economica in senso stretto, diventa oggi un’urgenza strategica.


EFFETTI ECONOMICI DELLA RIFORMA SULLE IMPRESE FAMILIARI

Il passaggio generazionale è uno snodo critico per la continuità economica delle imprese familiari italiane. Le modifiche introdotte dal D.Lgs. 139/2024, se da un lato aprono a nuove opportunità di pianificazione fiscale, dall’altro pongono le aziende di fronte a un rischio concreto: affrontare la successione aziendale in un quadro normativo ancora incerto, soprattutto per le società prive di attività d’impresa.

Secondo i dati dell’Osservatorio sulle Imprese Italiane, oltre il 60% delle aziende a conduzione familiare incontra difficoltà strutturali durante la successione. I fattori principali sono tre: assenza di pianificazione, pressione fiscale in caso di mancata agevolazione, e disequilibrio tra gli eredi nel governo della società. La trasmissione delle partecipazioni societarie non è solo un problema giuridico: è un banco di prova per la solidità della governance e della continuità imprenditoriale.

Le principali criticità oggi rilevate sono:

  • Carico fiscale in caso di esclusione dall’agevolazione: l’applicazione delle aliquote piene, fino all’8%, sul valore delle quote trasferite, può generare una pressione finanziaria insostenibile, costringendo gli eredi a vendere asset strategici per coprire le imposte.
  • Disgregazione della governance familiare: la suddivisione delle partecipazioni tra più eredi, spesso con interessi divergenti, può condurre alla paralisi decisionale, alla frammentazione del controllo e all’impossibilità di perseguire scelte imprenditoriali coerenti.
  • Assenza di strumenti strutturati per la protezione patrimoniale: mentre altri ordinamenti incentivano l’uso di trust familiari, fondazioni di impresa e polizze successione, l’Italia ancora fatica a riconoscere il ruolo cruciale di questi strumenti nella stabilità economica di lungo termine.
  • Perdita di competitività sul mercato: una successione mal gestita viene percepita da partner, banche e investitori come un segnale di vulnerabilità. La discontinuità può compromettere la fiducia esterna, rallentare i progetti di sviluppo e ostacolare l’ingresso di nuovi soci o capitali.

In questo scenario, molte famiglie imprenditoriali stanno valutando strategie più solide e strutturate. La costituzione di una Holding familiari, ad esempio, consente di mantenere unità di comando, agevolare la governance e ridurre il rischio di frazionamento. Parallelamente, strumenti come il patto di famiglia e la donazione con riserva di usufrutto permettono una gestione graduale e intelligente della trasmissione delle quote societarie.

Un altro fronte aperto riguarda la necessità di sostenere finanziariamente gli eredi che ricevono asset gravati da imposte: l’introduzione di fondi di garanzia per la successione aziendale o la previsione di deduzioni fiscali per le consulenze successorie rappresenterebbe una leva concreta per incentivare chi sceglie di pianificare per tempo.

In definitiva, la successione d’impresa non può essere lasciata all’improvvisazione. Occorre un disegno consapevole che unisca aspetti giuridici, fiscali, patrimoniali e familiari sotto una visione unica. E proprio in questo equilibrio si gioca il futuro di migliaia di imprese familiari italiane.


PROPOSTE DI RIFORMA PER UNA MAGGIORE CERTEZZA INTERPRETATIVA

Il quadro normativo attuale, frammentato e ambiguo, impone un urgente intervento chiarificatore da parte del legislatore e dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, le Società Semplici e le Holding di mero godimento, strumenti sempre più diffusi nella pianificazione successoria patrimoniale, si trovano oggi al centro di un’incertezza che mette a rischio la tutela intergenerazionale dei patrimoni complessi.

Alcuni interpelli dell’Agenzia delle Entrate hanno già evidenziato le difficoltà interpretative in merito alla fruizione delle agevolazioni fiscali in successione e donazione per le società non operative. In particolare:

  • Interpello n. 456/2023: ha escluso le Holding di mero godimento dal beneficio fiscale, salvo dimostrazione di una gestione attiva delle partecipazioni.
  • Interpello n. 118/2024: ha lasciato aperta la porta per le Società Semplici, richiedendo tuttavia che vi sia un’attività organizzata e continuativa. Ma senza fornire parametri oggettivi, la norma resta esposta a valutazioni soggettive e rischi di contenzioso.

Queste incertezze generano forte variabilità nell’applicazione delle regole da parte degli uffici territoriali, penalizzando chi ha strutturato il proprio patrimonio secondo logiche evolute ma rispettose della normativa. Il rischio concreto è che lo stesso assetto possa essere ritenuto fiscalmente esente da un ufficio, ma soggetto a imposta da un altro, alimentando un clima di sfiducia e di instabilità.

Per superare questa impasse, sarebbe necessario un intervento normativo mirato che:

  • Definisca con precisione cosa si intende per attività organizzata nella gestione patrimoniale;
  • Introduca criteri oggettivi per l’accesso alle esenzioni in caso di trasferimento generazionale di quote societarie non operative;
  • Preveda agevolazioni fiscali successione calibrate anche per Holding familiari e Società Semplici, quando usate per proteggere e trasmettere patrimoni familiari strutturati.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe pubblicare linee guida ufficiali che chiariscano come dimostrare la presenza di una gestione attiva o di un assetto organizzato idoneo a rientrare nel perimetro delle esenzioni previste dal TUS. Questo contribuirebbe non solo a ridurre drasticamente il rischio di contenziosi fiscali successori, ma anche a incentivare una pianificazione successoria conforme e trasparente.

Un sistema che non riconosce il valore strategico delle strutture di protezione patrimoniale finisce per penalizzare proprio quelle famiglie che hanno agito in modo lungimirante. Il trasferimento generazionale delle quote è un nodo cruciale per la tenuta del tessuto economico nazionale, e merita una normativa che premi chi pianifica, chi forma gli eredi e chi costruisce un futuro stabile per i propri asset.


VERSO UNA RIFORMA NECESSARIA: STRUMENTI STRATEGICI E LINEE GUIDA CHIARE PER LA SUCCESSIONE

Il contesto attuale evidenzia con chiarezza l’urgenza di colmare il divario tra l’evoluzione delle pratiche di protezione del patrimonio familiare e l’incertezza normativa sul trasferimento generazionale delle quote societarie. Sempre più famiglie imprenditoriali utilizzano Società Semplici e Holding di famiglia per strutturare e trasmettere in modo ordinato patrimoni articolati, ma l’assenza di regole certe penalizza proprio chi ha scelto strumenti evoluti per la gestione del passaggio generazionale.

Gli interpelli dell’Agenzia delle Entrate, uniti al silenzio normativo sui criteri per qualificare l’“attività organizzata”, generano un clima di ambiguità che scoraggia la pianificazione successoria anticipata. Eppure, è proprio nei contesti familiari ad alta complessità – con eredi non omogenei, asset immobiliari, partecipazioni societarie e dinamiche transgenerazionali – che una strategia chiara e ben coordinata può fare la differenza tra continuità e conflitto, tra consolidamento e frammentazione.

Un intervento legislativo mirato potrebbe rappresentare la svolta: occorrono linee guida fiscali chiare, parametri oggettivi per definire la “gestione patrimoniale rilevante” e l’introduzione di agevolazioni fiscali mirate per chi pianifica la successione con strumenti professionali. Non si tratta solo di equità fiscale, ma di stabilità economica e competitività nel lungo periodo.

Nel frattempo, le famiglie evolute non possono attendere. È fondamentale agire ora, affidandosi a un advisor con visione strategica e competenze trasversali in fiscalità, diritto successorio, assetti societari e governance patrimoniale. Solo una regia indipendente può garantire soluzioni personalizzate, coerenti con le normative vigenti e in grado di ridurre il rischio di contestazioni future.

L’adozione integrata di strumenti come il patto di famiglia, la donazione con riserva di usufrutto, le polizze insurance per il passaggio generazionale e una Holding familiare ben strutturata consente di affrontare il trasferimento delle quote in modo sostenibile, prevenendo conflitti tra eredi e tutelando il patrimonio da frammentazioni, passaggi forzosi o imposizioni eccessive.

Infine, la successione aziendale e patrimoniale deve diventare parte della cultura imprenditoriale italiana. Formazione, informazione e consulenza personalizzata sono oggi le vere garanzie di successo per chi vuole proteggere il proprio futuro, valorizzare il lavoro di una vita e tramandare un patrimonio in modo stabile, efficiente e fiscalmente sostenibile.


CONCLUSIONI

Il passaggio generazionale non è solo una questione giuridica: è un momento strategico che può determinare la continuità o la disgregazione del patrimonio costruito in anni di lavoro. Per imprenditori, professionisti e famiglie con patrimoni complessi, pianificare la successione aziendale e il trasferimento delle quote societarie non è più un’opzione, ma una necessità per evitare dispersioni di valore, conflitti familiari e un aggravio di imposte non previsto.

La riforma introdotta con il D.Lgs. 139/2024, pur offrendo aperture importanti in termini di agevolazioni fiscali successione e donazione, ha lasciato aperti nodi interpretativi rilevanti per chi utilizza strumenti come la Società Semplice, la Holding familiare o strutture di mero godimento patrimoniale. Il rischio è che le società senza attività d’impresa restino escluse dai benefici, con conseguenze fiscali rilevanti nel momento del trasferimento generazionale.

In questo scenario incerto, solo una pianificazione successoria professionale, affidata a un advisor esperto in protezione patrimoniale e fiscalità intergenerazionale, consente di tutelare quote societarie, immobili, capitali e partecipazioni da impatti tributari e rischi legati alla discontinuità familiare. La consulenza strategica è oggi lo strumento essenziale per trasformare la successione in un’opportunità di consolidamento.

Chi dispone di una Holding patrimoniale, di una Società Semplice con immobili o partecipazioni, o gestisce asset familiari rilevanti, può – e deve – adottare una strategia successoria calibrata, che tenga conto delle interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate, della giurisprudenza di Cassazione, e delle potenzialità offerte da strumenti integrabili come il patto di famiglia, la donazione con riserva di usufrutto e le polizze insurance.

Non è la pressione fiscale a compromettere la successione: è l’assenza di una visione strutturata. Un piano successorio debole può generare contenziosi tra eredi, svalutazione degli asset, perdita del controllo aziendale e perfino una vendita forzata di immobili o partecipazioni. Al contrario, chi si affida a una regia competente e multidisciplinare può garantire continuità gestionale, governance familiare solida, e un futuro stabile per i propri beni e la propria impresa.

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Matteo Rinaldi, advisor patrimoniale con Master in Avvocato d’Affari e specializzazione in Family Office, è riconosciuto in Italia per la sua creatività giuridica nella progettazione di strutture evolute. Con base a Milano, uno dei principali centri finanziari europei, affianca imprenditori e famiglie complesse con una visione globale e soluzioni su misura.

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